Spirano venti di guerra in Formula Uno. Una tenzone che si sta combattendo sia nelle stanze dei decisori che pubblicamente. Dinnanzi ai tifosi che, esterrefatti, osservano i due team con il maggior di numero di partecipazioni all’attivo darsele di santa ragione. Ormai tra McLaren e Ferrari è scontro totale. Una differenza di vedute netta che in realtà è più ampia perché coinvolge diverse fazioni che sembrano essere lontanissime dal trovare un accordo compromissorio. Tema del contendere? Ovviamente il danaro. Ormai la vicenda budget cap è arcinota, è un argomento più volte affrontato su queste colonne. Così come sono manifeste le posizioni: Maranello non si discosta dai 175 milioni di dollari per l’anno 2021, Woking ribatte con la pretesa di abbassare il tetto a 100 milioni. Una distanza siderale, incolmabile. Uno spazio nel quale si incuneano minacce, diritti pretesi e presunti, accuse, e una serie di uscite mediatiche che, no, non stanno certamente elevando la dialettica e l’immagine del mondo della Formula Uno.
Tutto si è inasprito due giorni fa quando Mattia Binotto ha reso dichiarazioni al “The Guardian”. Sarà che il team principal della Ferrari non è un madrelingua inglese (pur parlando la lingua di Albione in maniera fluente), sarà che nelle traduzioni il senso di alcune parole si è modificato, fatto sta che al mondo è arrivato un messaggio che parlava di una Rossa pronta a sbaraccare in caso di riduzione sensibile del tetto di spesa (per approfondire leggi qua). Smentite sono giunte l’indomani con una nota emessa direttamente dall’ufficio stampa di Maranello che, si sa, non è troppo generoso in comunicati. “Vorremmo chiarire quello che Mattia ha detto nella sua intervista pubblicata ieri sera (mercoledì, nda). Non è mai stato detto che la Scuderia Ferrari – si legge sul sito ufficiale – si ritirerà dalla Formula Uno ma, al contrario, che non vorremmo essere messi nella posizione di doverci guardare intorno per cercare altre opzioni che rispecchino il nostro Dna piuttosto che continuare a correre in F1 nel caso in cui il budget cap venisse ulteriormente abbassato mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro”.
Un chiarimento che, a ben vedere, qualche zona d’ombra continua a lasciarla perché non sgombra il campo da quella strisciante sensazione che la Ferrari possa usare, o solo minacciare di farlo, quel diritto di veto assegnatole oramai molti anni or sono e che, forse, non è proprio al passo coi tempi di uno scenario politico totalmente mutato. In ogni caso la sensazione che a Maranello non abbiano proprio delle pie intenzione è stata percepita da Zak Brown, amministratore delegato della McLaren. Che ha risposto in maniera molto dura acuendo una frattura che a questo punto pare essere veramente insanabile. “Siamo in una situazione nella quale seguire le vecchie abitudini mette a rischio l’esistenza stessa della Formula Uno. Se andiamo avanti con le medesime modalità – ha tuonato il dirigente statunitense – non riusciremo a sopravvivere. Se cambiamo rotta, invece, il nostro sport potrà prosperare e tutti ne usciremo vincitori”.
Una F1 che deve andare in direzione dei tifosi. Ancora il CEO McLaren: “Tutto deve ruotare intorno ai fan. Se li soddisfi si avvia un meccanismo virtuoso: i promoter vorranno più gare, così come i governi. Ci saranno più sponsor, ci saranno più televisioni e, in generale, più giornalisti a coprire gli eventi. Questo darà la possibilità di andare avanti”. Il tono del rappresentante di Woking cambia, irrigidendosi, quando la discussione si sposta sulla Ferrari e sul budget cap. Ecco uno dei passaggi chiave dell’intervista riportata da Racefans: “La Ferrari afferma che abbassare il tetto di spesa diminuisce lo status generale della categoria leader. Non è così. Non esiste nessun altra forma di motorsport minimamente avvicinabile alla F1 per sofisticazione tecnica che affronti spese per 180 milioni di dollari. Che non sono nemmeno il totale necessario per completare la stagione visto che bisogna aggiungere i costi da sostenere per pagare i piloti e la fornitura delle power unit”. Non conosco altre discipline – ha aggiunto in maniera piccata – minimamente vicine a questi livelli di spesa e che abbiano dei reparti corsa così imponenti. Nelle altre categorie esiste un telaio e una serie di motorizzazioni da scegliere. In Formula Uno questo non accade, quindi non credo che un budget cap più basso modifichi il DNA della categoria rendendola meno tecnologica”.
Dal passaggio precedente si evince quanto siano lontane le posizioni delle due storiche compagini che per anni si sono date battaglia in pista a suon di staccate e sorpassi. Ma gli argomenti che alimentano la divisione sono altri. Come, ad esempio, la proposta fatta dalla stessa Ferrari e dalla Red Bull di fornire delle vere e proprie auto clienti. Il numero uno della McLaren entra a gamba tesa: “L’ultima volta che abbiamo visto vetture del genere è stato negli anni Settanta. Se la Formula Uno è anche la categoria dei costruttori non vedo come si possa ritenere ricevibile una proposta analoga. E’ una soluziona datata, che stride con lo spirito della serie basato sull’evoluzione tecnologica”.
Brown ha una concezione molto chiara di ciò che deve essere un team di F1 in termini finanziari. Una scuderia non deve avere come mission quella di generare profitto. Una logica, questa, che invece sposa la Ferrari. “Non esiste una sola squadra che genera profitti. Non credo che le persone coinvolte nella Formula Uno debbano puntare a crearne”. E poi la stoccata dolente alla Scuderia: “Come sapete ci sarà un nuovo sistema di dividendi. La prima squadra – quella Ferrari che Brown non nomina – ottiene cinque volte tanto l’ultima. Ciò che dovrebbe essere rivisto è quindi il sistema di spartizione delle risorse. Se guardiamo al sistema di distribuzione di una lega famosa come l’NFL vediamo che è più equa. Anche le squadre più piccole hanno la possibilità di vincere il Super Bowl. Questo è il modello al quale dovrebbe tendere la Formula Uno”.
Naturalmente il motorsport deve saper rispondere al momento di crisi scaturente dalla pandemia di Coronavirus. Anche su questo frangente Zak Brown ha un’opinione che esprime senza troppi giri di parole: “Stiamo attraversando una crisi mai vista in precedenza. Hanno chiuso i Paesi, le fabbriche hanno abbassato le saracinesche. Non aver fretta di affrontare questa situazione è grave. Non esiste CEO, dirigente o Primo Ministro che non abbia impellenza di sistemare le criticità. Nessuno sa quanto durerà la pandemia, ma perder tempo è una strategia gestionale che non pagherà”. Anche in questo caso la frecciata parte dagli uffici della McLaren a giunge Maranello che al tavolo delle trattative sta impostando una linea atta a rinviare la decisione: prendere tempo per non modificare lo status quo.
Questa anomala condizione genera istanze di carattere etico, una sorta di maggiore responsabilità da produrre nei confronti dei dipendenti. Una Ferrari che, secondo Brown, userebbe in maniera strumentale la sua condizione di avere una forza lavoro molto corposa da proteggere: “Non capisco il passaggio in cui Binotto dice che vogliono andare a cercare altre competizioni se il budget cap cala. Pur correndo in altri campionati la forza lavoro sarebbe spropositata rispetto alle necessità effettive”.
E proprio sulla moralità e sulla trasparenza che si consuma la critica più accesa che il CEO della McLaren fa alla storica concorrente: “Siamo tutti concordi nel promulgare valori eticamente corretti. E in quest’ottica sarebbe fantastico se Binotto condividesse con gli altri team, visto che la FIA si è detta disponibile a farlo, i dettagli dell’inchiesta sulla presunta violazione delle regole sui motori da parte della Ferrari. Visto che si parla di etica e di trasparenza, sarebbe un buon momento per fare un passo del genere”.
Com’era immaginabile il “power unit gate” ha lasciato strascichi evidenti. La mancanza di limpidezza è un qualcosa che ha segnato la concorrenza. FIA e Ferrari hanno il diritto di giungere ad un accordo privato – le norme lo consentono – ma questo fatto stride con il buon senso e con la necessità di pensare che la F1 sia una casa di vetro che consente ai protagonisti, agli addetti ai lavori e ai tifosi di vedere cosa succede al suo interno. Specie in presenza di controversie così accese come quelle che possono riguardare questioni di regolarità di una power unit. Il discorso del limite di spesa si incastona, evidentemente, in un più ampio scenario di crisi che sta determinando un clima oltremodo teso e improduttivo. Ciò che non serve per affrontare una situazione inedita in 70 anni di storia della Formula Uno.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: McLaren, Ferrari, F1