sabato, Aprile 20, 2024

Red Bull: il male oscuro è l’equilibrio della monoposto?

F1 – Il complesso mosaico di una monoposto vincente è costituto da molti tasselli ognuno dei quali con un peso specifico differente. In casa Red Bull, i primi appuntamenti della stagione hanno evidenziato in modo palese che il principale tassello mancanti è l’affidabilità nell’area power unit, alla quale sono ascrivibili i 3 ritiri in altrettanti gran premi.

In F1, è meglio avere a disposizione una monoposto rapida, ma più fragile del cristallo, oppure una più lenta, ma solida? “Preferisco sistemare una monoposto veloce che cercare di rendere rapida una affidabile ma lenta”, così ha recentemente dichiarato il team principal della Red Bull, Christian Horner.

Idea condivisibile quella di Horner se collocata storicamente del recente passato, in cui la disponibilità pressoché illimitata di risorse economiche, consentiva di porre rimedio a difetti di gioventù più o meno marcati della specifica di base di una monoposto.

Tuttavia l’affermazione del team principal di Leamington risulta anacronistica in tempi di budget cap in cui il limite di spesa fissato per il 2022 si attesta tra i 140 e i 145 milioni di dollari, variabilità dovuta alla presenza di un piccolo extra-budget accordato ai team in relazione alla presenza di appuntamenti in calendario con il formata della sprint qualifying e in ragione delle 23 gare in calendario in luogo delle 21 a cui è riferito il valore minimo di spesa dell’intervallo.

F1
Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing) si ritira durante il Gp d’Australia 2022

Inoltre un calendario del mondiale mai così fitto allunga inevitabilmente il processo di validazione degli upgrade, testabili solo nella PL1 dei weekend di gara che, alla luce della abolizione dei test privati dal lontano 2009, rappresenta l’unico momento in cui i team possono ricevere un feedback in merito alla bontà degli aggiornamenti.

Il corpo normativo e la frenetica successione degli appuntamenti in calendario offrono minori possibilità alla concorrenza Red Bull e Mercedes di estrarre ulteriore potenziale dai rispettivi progetti tecnici al fine di raggiungere le performance della Ferrari che, secondo uno sconsolato Horner, corre in un campionato a parte.

Tuttavia, nel corso del weekend in terra australiana, le prestazioni offerte da Max Verstappen in qualifica e fino a quando la sua monoposto non lo ha appiedato al giro 39, sembrano siano state condizionate anche da scelte di setup non ottimali. E’ ipotizzabile che la filosofia aerodinamica della RB18 nativamente mirata alla massimizzazione dell’efficienza aerodinamica fornisca al momento strade obbligate in termini di setup agli ingegneri del team di Milton Keynes.

La sensazione di scarso feeling con la monoposto traspariva in maniera emblematica già nelle dichiarazioni del campione del mondo a valle delle qualifiche del sabato: “Non mi sento bene. Finora in tutto il weekend non c’è stato un giro in cui in macchina ho sentito vera fiducia nella vettura. Ho sofferto un po’. Il secondo posto è comunque un buon risultato, ma non mi sono sentito alla grande. Non ho avuto la fiducia per spingere fino al limite“.

Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing)

Quando un pilota non ha il necessario feeling con la monoposto, inevitabilmente cerca di capitalizzare il risultato finale sacrificando la prestazione, cosciente del fatto che una testarda ricerca del limite può avere esiti disastrosi e lo scorso weekend di Carlos Sainz ne rappresenta la fotografia.

Altri fattori che hanno inciso negativamente sull’inatteso degrado delle performance durante la gara sono stati l’aumento della temperatura ambientale e l’evoluzione della pista in termini di grip nell’arco del weekend.

Sono bastati 1-2 gradi di temperatura superiore alle aspettative e una pista finalmente gommata, dopo i recenti lavori di riasfaltatura, a aprire la forbice prestazionale con la Ferrari in maniera inattesa durante la gara.

Il disorientamento degli uomini Red Bull sulla strada da intraprendere in termini di setup è confermato dalle dichiarazioni di Horner:

Secondo ciò che abbiamo visto venerdì pensavamo a una gara rear-limited, poiché avevamo visto parecchio graining sulle gomme posteriori. Penso che l’evoluzione della pista in termini di gommatura, e l’aumento delle temperature, abbiano provocato il problema inverso. Dopo aver cercato di contrastare i problemi che ci aspettavamo, in gara abbiamo avuto una monoposto molto limitata all’anteriore (front-limited). Per queste ragioni credo che la nostra monoposto non avesse il giusto equilibrio con molto graining, in particolare con la gomma Medium. Con la gomma Hard in realtà non è andata male“.

F1
Ferrari F1-75

E’ necessario ricordare che in una monoposto “front-limited” le gomme anteriori iniziano a scivolare prima delle gomme posteriori.

La velocità che puoi portare in curva è quindi limitata dall’aderenza massima che le gomme anteriori possono generare, indipendentemente da quanta aderenza hai al posteriore. In sostanza, una monoposto “front-limited” produce un accentuato sottosterzo mentre una monoposto “rear-limited” il sovrasterzo.

In definitiva, la RB18 oltre alla sua fragilità nel settore delle unità turbo-ibride, ha evidenziato, almeno in quel di Melbourne, una preoccupante sensibilità alla variazione dei valori termici e di gommatura dell’asfalto nel primo gran premio stagionale in orario diurno.

In questo senso il prossimo gran premio di Imola, storicamente “caldo” non solo per la passione dei “tifosi” ma per mere ragioni atmosferiche, potrebbe fornire delle conferme in merito ad una eventuale problematica nella gestione dei pneumatici in casa Red Bull. Le ambizioni del team di Milton Keynes, finora mortificate dalla fragilità delle power unit, sembrano minate anche da inattese difficoltà in aree in cui le monoposto di Newey hanno sempre primeggiato…


F1-Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat

Foto: F1, Oracle Red Bull Racing F1, Scuderia Ferrari

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