Formula 1

PU 2022: il delicato equilibrio tra performance e affidabilità

Uno dei temi principali di questo avvio di stagione di F1 2021 riguarda il fattore affidabilità del comparto propulsori che sta fortemente penalizzando il team Red Bull con soli tre arrivi al traguardo sui sei potenziali. La rivoluzione tecnica delle monoposto next-gen e il vincolo del budget cap rappresentano una enorme sfida per tutti i team, in cui la componente turbo-ibrida sembrava essere l’unico punto di continuità con le monoposto della precedente generazione.

In una disciplina iper tecnologica come la F1, dove nulla è lasciato al caso, anche la più piccola modifica può fare la differenza e in tal senso è emblematica la presenza sempre più ampia di aree in carbonio per non appesantire le monoposto con qualche kilo di vernice. L’ambizioso obiettivo di FIA e Liberty Media per una Formula 1 a impatto zero, volto alla progressiva riduzione del carbon footprint (l’impronta di carbonio, ovvero le emissioni dei gas serra) fino ad azzerarla, ha avuto inizio quest’anno con l’introduzione dei carburanti E10.

Con il 10 per cento di etanolo, innovazione che ha richiesto a tutti i motoristi di apportare modifiche non trascurabili alle proprie unità turbo-ibride. Le parole pronunciate a fine gennaio da Yasauki Asagi, responsabile dello sviluppo Honda ancora coinvolto nel progetto del colosso nipponico, alla luce degli attuali problemi, appaiono tanto profetiche quanto cariche di preoccupazione: 

“L’introduzione del carburante E10 ha rappresentato una grande sfida. L’architettura del motore era già stata impostata, quindi abbiamo dovuto apportare delle modifiche per ottenere le migliori prestazioni con la nuova benzina E10”.

Componenti Power Unit utilizzate nel 2021

E’ lecito, pertanto, ipotizzare che più fattori stiano influendo negativamente sulla affidabilità dei propulsori Red Bull, vero punto di forza della scorsa stagione nella lotta al vertice con Mercedes. La prima causa può essere addotta al ritiro in forma ufficiale di Honda al termine della scorsa stagione, nonostante sul cofano motore delle monoposto Red Bull e Toro Rosso campeggi il logo HRC che appare sempre di più il semplice ricordo della proprietà intellettuale della tecnologia turbo-ibrida rilasciata in gestione alla nuova struttura Powertrains di Milton Keynes.

La giovane struttura realizzata per gestire i propulsori ex-Honda, composta dal alcuni tecnici del colosso nipponico e da un’ingente iniezione di ingegneri sottratti alla Mercedes, potrebbe scontare una fisiologica fase di immaturità nel troubleshooting di failure che, stando alle dichiarazioni ufficiali del team principal Christian Horner, riguardano diverse aree della power unit.

Un altro fattore da considerare è che tutti i motoristi hanno progettato le nuove unità turbo-ibride con l’obiettivo di recuperare la perdita di potenza derivante dall’utilizzo del biocarburante e nel tentativo di superare i valori di potenza complessiva della scorsa stagione in ragione del blocco sullo sviluppo nel comparto motori fino al 2025. La ricerca della perfomance assoluta prima del freezing nello sviluppo sui propulsori è un approccio già visto in F1, quando nel 2006 si decise di congelare la ricerca sui motori endotermici per ben sette anni.

la power unit italiana 2022 che equipaggia la Ferrari F1-75

In quella circostanza, la necessaria ricerca delle massime prestazioni costò molto cara alla Ferrari e a Schumacher, che videro sfumare il sogno iridato in una nuvola di fumo bianco alla Degner Curve di Suzuka, dimostrando tuttavia nella tappa finale in Brasile una superiorità di motore imbarazzante che consenti a Felipe Massa di vincere il Gp di casa e a Micheal di effettuare una leggendaria rimonta con quasi un giro di ritardo.

Last but not least, è abbastanza verosimile che il team Red Bull abbia sottovalutato il potenziale dei competitor, e gli insoliti sorrisi di Marko & Co. nella tre giorni di test in Bahrein avvalorano questa ipotesi. Spiazzata dalla bontà del progetto tecnico della Ferrari, è stato necessario sfruttare tutto il potenziale della power unit austriaca, per consentire al campione del mondo di rimanere almeno in scia alla monoposto numero 16 di Leclerc anche se questa supposizione è in parte invalidata dalle dichiarazioni post gara di Vertappen in quel di Melbourne.

Secondo quanto riferito dall’olandese, già prima della partenza del gran premio d’Australia era a conoscenza di un problema sulla sua monoposto, condizione per la quale qualsiasi team avrebbe optato per una gestione conservativa del mezzo. Ora non è dato sapere quale sia la natura del problema menzionato da Max, ma se dovesse afferire, come plausibile, alla componente turbo-ibrida allora la situazione in casa Red Bull sarebbe davvero critica.

il monegasco Charles Leclerc (Scuderia Ferrari) a bordo della sua F1-75 durante il Gp d’Australia 2022

Diametralmente opposte le prestazioni e l’affidabilità mostrate dalla F1-75 e in generale da tutti i clienti motorizzati Ferrari. L’originale veste aerodinamica della rossa di Maranello viene esaltata da un propulsore che si candida a diventare il riferimento tecnico sia per la componente endotermica che per la parte elettrica.

I fastest lap a ripetizione nell’ultima parte di gara del Gran Premio d’Australia sono davvero inquietanti per la concorrenza. E se fosse proprio la rossa a viaggiare di conversa, in stile Mercedes all’alba l’era turbo-ibrida, per non rischiare nulla in termini di affidabilità ma soprattutto per non evidenziare uno strapotere tecnologico certamente non gradito da Liberty Media promotore di un regolamento tecnico volto all’equilibrio prestazionale?


F1-Autore: Roberto Cecere@robertofunoat

Foto: Nicolas Carpentier@NicolasF1i

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Roberto Cecere