Non più tardi di qualche settimana fa, in casa Oracle Red Bull Racing F1 è stato annunciato il rinnovo di Sergio Perez per un altro biennio: questa riconferma, in ottica scacchiera piloti, ha chiaramente avuto delle ripercussioni, specialmente per coloro che in un posto così ambito avevano realmente motivo di credere (come Pierre Gasly, Alexander Albon oppure i piloti cresciuti nel vivaio Red Bull Junior).
Tra l’altro, proprio sul numero 10 della F1, Gasly, avevamo avuto modo di argomentare, andando ad approfondire il significato del suo rinnovo annuale in Alpha Tauri (leggi qui l’approfondimento): non c’è dubbio sul fatto che presumibilmente sia proprio lui il primo “deluso” da questa scelta, sebbene poi le sue parole sull’argomento rinnovo siano comunque state oltremodo positive ed entusiastiche.
Ma si sa, in casa Red Bull a meno che il tuo nome non sia Max Verstappen, nulla può mai essere certo o garantito al 100%. Ed infatti nonostante il fresco rinnovo, il team principal Christian Horner attraverso delle recenti dichiarazioni, ha dato conferma del prosieguo di questo Leitmotiv.
F1. Horner e la stabilità “precaria” di Perez
Uno dei primi assunti da cui parte, è l’età del messicano: attualmente trentaduenne, a suo avviso sostiene che questo potrebbe anche essere l’ultimo contratto che firmerà (anche perché qualora le cose si profilassero come programmato per lui, se ne riparlerebbe nuovamente alla soglia dei 34).
In realtà il discorso anagrafico in F1 conta sicuramente, ma fino ad un certo punto: basti pensare ai 37 anni del campionissimo Lewis Hamilton, oppure l’oramai quarantenne Fernando Alonso. Ovviamente si tratta di due fuoriclasse, ma il discorso è che probabilmente abbracciando un progetto attraverso il quale il team vuole puntare proprio su di “te”, una strada per poter proseguire a lungo la si può tranquillamente trovare, nonostante tutto.
Ma purtroppo risulta evidente che non sia questo il caso. Per Horner infatti, è sufficiente che Checo rimanga relegato nel suo ruolo di fido secondo pilota, dando però nel contempo anche prova di una solida continuità di buone prestazioni.
Il che in altre parole significa, una valida seconda guida è strettamente necessaria perché l’obiettivo è far man bassa su tutto il conquistabile: c’è bisogno di un duo eccellente per portare a casa un mondiale costruttori, ma per quanto riguarda quello piloti… Lascia perdere.
Per la serie, le tue performance devono sempre essere ottimali, sii bravo e talentuoso ma nemmeno troppo. Evidentemente deve essere questo il concetto chiave delle “teorie horneriane”, visto che non è mai stato un segreto il prediligere Max a qualsiasi altro driver. Oramai il protocollo è chiaro.
F1. Red Bull e le consuetudinarie retrocessioni
E sembra chiaro anche al diretto interessato, visto che pare ben eseguire il ruolo assegnatogli; chissà che non gli venga in mente di fare colpi di testa.
Certo, nell’eventualità sarebbe pur sempre a suo rischio e pericolo: ricordiamo tutti la retrocessione (nell’allora Toro Rosso insieme a Daniil Kvyat) ad effetto immediato di Gasly in favore di Albon, nel bel mezzo della stagione 2019.
D’altronde la storia si ripete, ed anche allora non fu una novità: all’incirca tre anni prima fu lo stesso Kvyat a patire la stessa sorte, per lasciare posto all’astro nascente olandese.
Insomma, un’abitudine alla retrocessione quella in casa Red Bull, da cui negli anni ha tratto giovamento sempre e solo Verstappen: verrebbe da chiedersi, chissà come ci si deve sentire nel guidare con simili agiate consapevolezze. E forse, se lo domanda anche Checo.
F1 Autore: Silvia Napoletano – @silviafunoat
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing
