Questo scritto viene da un futuro utopico, da una realtà soltanto immaginata nella quale non accadono chissà quale prodigi, ma in cui, semplicemente, governa il partito del buon senso, della ragione, della logica figlia della razionalità umana. Quegli elementi che sembrano mancare alla F1 attuale. O, più che altro, che paiono latitare in chi determina le regole del gioco.
Diversi anni fa i vertici del motorsport, quindi già con la precedente proprietà di Bernie Ecclestone (ricordiamocene quando si glorifica il passato per criticare il presente), avevano stabilito di spostare il focus della categoria dalla sfera reale a quella virtuale. Test sempre più banditi, sessione di prova sempre più limitate, possibilità di sviluppo materiale sempre più prossime allo zero.
Concezioni che incontrano una visione strategica non sempre comprensibile. Spesso sentiamo dire che le limitazioni ai turni di prove effettuabili lontani dai gran premi sono servite a tenere bassi i costi. Quindi, alle scuderie sarebbe stato chiesto un sacrificio tecnico in nome della spending review che andrebbe incontro anche alla politica green che negli ultimi tempi sta prendendo sempre più piede. Meno si gira, meno si inquina, più il mondo è pulito. Ecco la ratio spiegata facilmente.
Mosse, queste, che ci sembrano abbastanza di facciata e che probabilmente intendono pulire una sola cosa: la coscienza di chi deve decidere. Fatto sta – e le modifiche che si annunciano per il Gran Premio di Baku nel format della sprint race lo dimostrano – che i turni che non generano spettacolo e punti saranno sempre più limitati.
I test vengono visti come un elemento addirittura negativo, un fenomeno dal quale rifuggire. Una visione dogmatica nella quale i legislatori, ma anche i protagonisti (quindi piloti, team e addetti ai lavori) sembrano credere in maniera fideistica. Un’accettazione pedissequa da parte degli attori protagonisti di uno status quo che contribuisce a rendere chimera il livellamento valoriale tanto sbandierato ma forse non perseguito con la necessaria convinzione.
E qui giungiamo a quel mondo fatato e sognato fatto di legislatori saggi e non incollati ottusamente alle proprie idee. Concetti che si pensano essere efficaci anche contro evidenze fattuali. Ipotizzate che Liberty Media fosse elastica. Immaginate che la Federazione Internazionale dell’Automobile spingesse per rivedere ciò che effettivamente non sta funzionando col fine di creare quel quadro che gli stessi decisori della F1 vorrebbero imporre a uno sport nel quale le differenze ampie sono sempre state all’ordine del giorno.
Facciamo un passo indietro di una ventina d’anni. O forse qualcosa in più. Andiamo a quell’era che sembra ora così lontana nella quale i team potevano approfittare delle pause che offriva il calendario per approntare consistenti programmi di sviluppi che non si realizzassero solo in fabbrica o ai simulatori che iniziavano a prendere piede, ma che si potevano concretizzare direttamente in pista.
Praticamente, ciò che veniva studiato ai computer e definito ai tavoli da disegno – strumenti che imperavano nelle factory delle scuderie – poteva essere realizzato fisicamente, montato sulla vettura e testato sull’asfalto. Capendo quindi se un determinato espediente tecnico funzionava o se dovesse essere bocciato. Oggi, invece, accade l’esatto contrario: si studia solamente in ufficio e quel che è stato concepito subisce un doppio passaggio di verifica. Il primo è in galleria del vento, ma anche in questo caso c’è un contingentamento troppo limitante che non consente di lavorare con la necessaria calma.
Il secondo timbro arriva in pista. Ma non parliamo di sessioni private, bensì di quei turni ufficiali che il legislatore vuole abolire – e qua sta il paradosso – in un processo che intende ridurre le prove ritenute fallacemente inutili al solo turno del venerdì mattina per poi trasformare in spettacolare bagarre tutto il resto del weekend agonistico.
Quindi, non solo ci sono il balance of performance tecnico, la tagliola del budget cap e la mancanza dei test privati, ora le teste d’uovo della proprietà americana stanno addirittura pensando di restringere al lumicino la possibilità di provare ciò che si è fatto. Questo contesto tarpa le ali di chi cerca di ridare un senso tecnico a quelle macchine che stanno soffrendo. Vedi, tornando all’attualità, Ferrari e Mercedes.
Qualcuno eccepirà: aprendo la Formula Uno ai test liberi anche chi è in vetta avrà la possibilità di migliorare ulteriormente il proprio mezzo. Questa è un’ovvietà, ma si parte dal principio che chi rincorre, solitamente, ha più margine di sviluppo di chi fugge. E questa cosa è ancor più vera nel momento in cui tutti i team stanno convergendo verso la filosofia aerodinamica impostata dalla Red Bull. Quindi è verosimile ritenere che chi stia arrancando nell’affannosa rimonta possa avere dei benefici maggiori di chi invece dovrebbe essere quasi all’apice dello sviluppo del concept aero-meccanico. Ricordate la parabola della Mercedes del 2021?
Il calendario dice che mancano più di tre settimane al weekend di Baku. Oltre 20 giorni che in uno sport rapido, veloce e cangiante come la Formula Uno, potrebbero essere una preziosa base cronologica sulla quale impostare programmi di recupero. Sia per chi si è attardato ma anche per chi sta vestendo il ruolo della lepre che vuole lecitamente difendersi. Invece no, non vedremo nulla di tutto questo. I tifosi saranno costretti ad osservare ancora una volta una monoposto imporre il suo dominio con tutto il resto del gruppone a starsene col naso all’insù, a lottare probabilmente per una terza piazza. Chi si accontenta non gode.
Eppure basterebbe così poco per modificare questo andamento. Bisognerebbe, in soldoni, mutare un approccio filosofico troppo rigido. Anche perché Liberty Media, quando c’è di mezzo lo show, sembra molto molto elastica, come dimostra il processo di variazione del weekend di gara proprio del prossimo Gran Premio dell’Azerbaijan. Perché, allora, non istituzionalizzare la flessibilità per rendere la F1 veramente quello sport iper competitivo che i decisori hanno in mente? Questa contraddizione concettuale è veramente difficile da spiegare e da accettare.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari