L’impressione che la Ferrari vedesse la luce in fondo al tunnel c’era. Poi è arrivata Silverstone e tutto è andato a rotoli. Senza contare l’Ungheria dove, in un tracciato in teoria “amico”, il team italiano ha ribadito un fatto: la comprensione della vettura, pregi o difetti che siano, è molto bassa. Lo dimostrano le difficoltà continue nel gestire scenari diversi dalla normalità come la qualifica in versione ATA, dove le gomme per ogni parte delle sessione erano decise a tavolino.
Poi, in gara, il solito degrado ha limitato passo e menti dei ferraristi visto che, nel terzo stint, dei piloti di testa, le SF-23 sono state le uniche vetture a montare ancora le Hard, in maniera preventiva, “spaventate” fortemente dal possibile consumo gomme. Notte fonda in somma, dalla quale il Cavallino Rampante proprio non riesce a destarsi. E allora ecco che viene menzionato il vento. Condizioni meteorologiche che, secondo la disamina di Frederic Vasseur, avrebbe rovinato i piani della rossa soprattutto nel T3.
Se è pur vero che una monoposto di natura instabile in determinate circostanze possa soffrire maggiormente il vento, quest’ultimo era presente per tutti. Andava detto. Purtroppo dopo quasi sei mesi dalla prima sgambata durante i pre season test in Bahrain, appare veramente complicato capire che tipo percorso abbia imboccato la Ferrari. Noi facciamo fatica a comprenderlo e francamente credo anche loro.
Nei giorni antecedenti all’ultimo round del mondiale 2023, infatti, i vertici della gestione sportiva “usando” il manager di Draveil come portavoce, hanno parlato apertamente di pole position. Un obiettivo mica da ridere, eh?. Aspettative che nascono attraverso lo studio dati interni che puntualmente, troppo spesso, non vengono rispettate affatto. Tale contesto è “deprimente”. Un punto sul quale vale la pena riflettere.
Ferrari sa davvero dove sta andando?
Essere convinti di un fatto nella vita è importante in qualsiasi disciplina si affronti. La sicurezza dei propri mezzi conferisce agli individui le certezze per offrire il meglio di se. Ma sebbene all’interno della GES le menti pensanti sino innumerevoli, le situazioni ipotetiche simulate quasi sempre non corrispondo alla realtà in pista. Qui sorge una domanda spontanea che possiamo riassumere tramite un giochino di parole romanesco: “Ferrari ci è o ci fa?“. La risposta al quesito ha diverse interpretazioni.
Millantare una competitività iperuranica in fase di avvicinamento a un Gran Premio tira sul il morale fuori e dentro al team. Piloti e meccanici, consapevoli di poter mettere assieme un buon week end, saranno più predisposti allo sforzo unisono e crederanno nel risultato. Quindi, a rigor di logica, questa tattica potrebbe pure funzionare regalando un boost mentale non indifferente. C’è però il rovescio della medaglia. Quando il risultato non solo non rispetta le aspettative ma al contrario è ben lontano da esse, il contraccolpo psicologico distrugge.

Un contesto appunto deprimente dal quale resta difficile trarre un chiaro insegnamento per il prossimo futuro. Senza contare la figura barbina in mondovisione, ingigantita dalle pessime scuse nel dopo gara che suonano a “non sappiamo cosa dire e quindi ci nascondiamo dietro a un dito“. L’evoluzione della dialettica nociva recente. Il “dobbiamo capire 2.0“. La “binotizzazione” è in corso, a quanto pare.
Se poi non si tratta di mera tattica e i tecnici della rossa era davvero convinti di poter sfidare e perchè no battere Red Bull, Mercedes e McLaren in terra magiara, allora il quadro si aggrava notevolmente. Significherebbe che la sicurezza dei propri mezzi suddetta non deriva da argomentazioni valide ma nasce dall’incapacità di inquadrare al meglio i vari contesti operativi. Avere i mezzi per realizzare un buon lavoro non significa automaticamente riuscirci. Per farlo, infatti, serve chi questi “attrezzi del mestiere” li sa utilizzare alla perfezione.
Ferrari in crisi operativa verso il 2024
I dati che vengono letti in galleria del vento, lo studio al CFD e l’assidua frequentazione al simulatore non corrispondo alla pista. O per lo meno lo hanno fatto molto poco. Secondo le informazioni raccolte dalla nostra redazione, l’aspetto appena menzionato preoccupa parecchio la scuderia italiana. Non potrebbe essere altrimenti, d’altro canto, soprattutto ragionando sul progetto 2024.
All’inizio della nuova era regolamentare Ferrari ha fatto centro. Aveva proposto ai nastri di partenza un’ottima monoposto, pronta all’uso, capace di macinare pole e conquistare alcuni trionfi di tappa sino alla pausa estiva. Tutto sembrava funzionare, correlazione dati compresa. Solo la scarsa affidabilità “condita” da errori strategici aveva minato le chance di vittoria.
Da quella data in poi la lenta ma inesorabile discesa prestazionale è andata in atto, sospinta dalla direttiva TD039 concernete le altezze da terra utilizzabili. Ferrari ha dunque perso il baricentro operativo e ad oggi, fa male dirlo ma non si può fare certo altrimenti, questo equilibrio tanto necessario in F1 non esiste più. Ma il reale problema resta in futuro.
Giudicare superfluo il risultato di una stagione dalla quale nulla più si può ottenere non è sbagliato. Ai tavoli di Maranello è stato deciso da tempo, consci che profondere i maggiori sforzi in questo periodo dell’anno sul disegno della nuova vettura era la cosa giusta. Nel farlo si è deciso di utilizzare il mondiale in corso come una specie di test. Prove su pista utilizzando la SF-23 come cavia.

A quanto pare però, la monoposto attuale soggetta a prove sperimentali non offre nessun tipo di certezza. Questa la difficile realtà nella quale si stanno misurando ingegneri e tecnici. Supplenti e non. Nel commentare un panorama del genere va sommata la scure del budget cap. Mettere mano liberamente al nuovo progetto come accadeva sino a qualche anno fa non è più possibile e, pertanto. La necessità di azzerare gli errori e massimizzare le risorse impera, esercizio nel quale Ferrari dimostra di non essere molto capace.
Senza contare come le restrizioni del corpo normativo vigente, sia durante la stagione in corso che nei “compiti a casa” da svolgere durante l’inverno, vadano a limitare fortemente il potere creativo. Aggiungere questi fattori al “quadretto” allarmistico descritto anteriormente, sottolinea come diversi elementi stiano concorrendo a intricare ancor di più una matassa di per se già molto intricata.
Autori: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari
