martedì, Dicembre 10, 2024

ATR, cost cap e rigidità tecnica: la F1 rivaluta i suoi pilastri?

1° Gennaio 2025. Solo in questa data ai team sarà concesso di metter mano ai progetti 2026. Imposizione che si è resa necessaria per evitare che qualcuno, fuggitivi o inseguitori, potesse sacrificare i campionati di F1 2024 e 2025 per concentrare tutte le risorse sulla nuova era tecnica. Stavolta gli organi preposti a scrivere le regole vogliono fare le cose per bene e per far sì che qualcuno non aggiri i divieti hanno infittito la rete di controlli nelle squadre. Ci saranno sortite a sorpresa per valutare l’operato degli ingegneri.

Ma forse la disposizione più “cattiva” è quella di non aver definito ancora nel dettaglio le regole aerodinamiche 2026. La mancanza di punti di riferimento depotenzia la fantasia dei progettisti che non hanno materiale operativo e questo impone loro di restare concentrati sui modelli 2024 e 2025. 

Chiaramente, nei comitati tecnici federali e nella F1 Commission il testo di riferimento prende corpo. Anche perché le norme motoristiche sono ormai complete ed è necessario metterle in pareggio con le altre poiché alcune parti delle power unit 2026 verranno allocate all’interno dei telai le cui caratteristiche sono importanti per capire le modalità con cui devono funzionare. 

Quindi il ritardo non può essere accettato in misura troppo drastiche perché potrebbe comportare la delibera di progetti deboli e che potrebbero generare problemi di affidabilità che, in periodo di contingentamento dei motori e di budget cap, non sarebbero di semplice superamento. 

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scatto posteriore della power unit che equipaggia le due Ferrari SF-23

La F1 sta cercando il punto di equilibrio tra libertà espressiva e limitazioni normative

Nikolas Tombazis, uomo che ha grandi poteri nella delibera concettuale delle vetture 2026, ha spiegato che è compito di chi scrive le regole quello di individuare quel labile confine tra l’eccesso di limitazioni e la possibilità di dar sfogo alla fantasia degli ingegneri. La F1 è uno sport tecnologico e questa natura non può essere mortificata né totalmente repressa. Al massimo va inquadrata in modo da evitare il prodursi di divari molto grandi tra le vetture, concetto che Liberty Media e la FIA stanno rincorrendo con determinazione ormai da anni.

La limitazione alla libertà progettuale non è un paradigma che opera in autonomia, bensì qualcosa che si incastra e si muove in sinergia con i regolamenti finanziari e il sistema di contrappesi rappresentato dall’Aerodynamic Test Regulation. Il fine di questa politica è quello di provare a evitare che alcune equipe impostino un vantaggio di cui possano godere per molto tempo senza che le altre squadre riescano recuperare. 

In realtà l’azione incrociata dei pilastri della F1 2.0 partita nel 2022 non hanno funzionato molto bene considerando che proprio le norme che dovevano livellare il gioco hanno permesso alla Red Bull di mantenere intatta la distanza sul gruppo che non ha potuto dispiegare tutte le forze per provare a ricucire lo strappo.

I tempi in cui un team faceva iniezioni di denaro per definire progetti usando senza limiti CFD e gallerie del vento è defunto. E se da un lato ciò può evitare che il singolo prenda il largo, dall’altro porta a quel rovescio della medaglia osservato negli ultimi due anni: nove squadre quasi impotenti mentre si consuma il dominio dell’uno. 

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Dettaglio dello schema sospensivo della Ferrari F1-75 – Test Bahrain 2022

F1, budget cap e regole ATR: risorse che vanno ripensate

Il 2023 è la perfetta cartina di tornasole del fallimento concettuale dell’impianto messo su dai decisori. Red Bull, pur operando sotto la scure della penalità e pur somministrando meno pacchetti evolutivi alla RB19 rispetto a quanto fatto dai rivali con le rispettive vetture, non ha visto intaccato di un millimetro il vantaggio accumulato a inizio anno. 

Ferrari e Mercedes, i principali sfidanti, a un certo punto hanno capito che senza interventi radicali sui telai e su altre parti nevralgiche della monoposto non potevano andare troppo avanti concentrandosi quindi sul campionato 2024.

La stessa Aston Martin, che in inverno ha limato un bel po’ di distanza, si è bloccata di colpo non potendo valutare altri percorsi tecnici per mancanza di soldi e di ore di lavoro. L’esempio della McLaren non può valere come prova di un sistema che funziona perché, fino a questo momento, si è trattato di una mosca bianca che, nonostante una rimonta apparsa quasi miracolosa, non è stata mai in grado di vincere una gara canonica. 

Di questa verità se ne sono avveduti in FIA. Tombazis, pur affermando che una stretta sulla capacità di spesa dei top team era necessaria perché questi potevano investire tre volte tanto le scuderie di bassa classifica, ha ammesso che il cost cap non permette a chi sbaglia un progetto di recuperare in corso d’opera. 

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Nicholas Tombazis, delegato tecnico della FIA

In passato, ha spiegato l’ex Ferrari, monoposto nate male hanno vinto delle gare dopo che in stagione erano stati introdotti massicci pacchetti di aggiornamento che oggi non è possibile deliberare per tutti i legacci regolamentari che incatenano la F1

I regolamenti finanziari – ha ammesso con onestà Tombazis limitano la quantità di aggiornamenti che si possono fare. Quindi, se qualcuno è più indietro, il recupero può essere piuttosto lungo e doloroso”. Quella del responsabile tecnico della Federazione Internazionale è una voce di rottura che potrebbe far presagire che qualcosa stia bollendo in pentola. Sia chiaro, non è la FIA che decide in autonomia, serve una maggioranza corposa nella F1 Commission in cui siedono anche i team e la FOM.

Una piccola breccia verbale, quella del tecnico greco, che potrebbe essere sintomatica di una volontà di rendere meno stringenti certe tagliole col fine di calibrare meglio un’architettura che, alla riprova dei fatti, si è dimostrata inefficace a rispondere alle esigenze per le quali era stata definita. 


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, FIA, Scuderia Ferrari

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