Ferrari e i suoi tifosi, undici maledetti anni di oblio. Una spada che trafigge il cuore di chi, come il sottoscritto, è cresciuto attraverso le imprese al limite del razionale che Michael Schumacher ha messo in mostra nel corso della sua carriera. Il lecito riserbo imposto dalla famiglia del sette volte campione del mondo, più volte minacciato da vigliacchi tentativi di svelare le attuali condizioni del fuoriclasse di Kerpen, fa male, inutile negarlo. Uno dei più grandi campioni della storia della Formula 1 è troppo spesso dimenticato dai media, che non hanno mai tollerato il suo modo di fare comunicazione.
Nonostante tutto, Schumi, sposando la causa del Cavallino Rampante, ha vinto dove tutti hanno fallito. L’asso di Kerpen ha lasciato il team campione del mondo piloti e costruttori (Benetton) per risollevare le sorti di una squadra a cui era rimasto solo il nome, a differenza di altri campionissimi che hanno sempre e solo desiderato sedersi nell’abitacolo della migliore monoposto del lotto. Certo, non arrivò a Maranello per un tozzo di pane, come ebbe modo di dire l’avvocato Agnelli. Michael aveva contezza che c’era tanto lavoro da fare in Ferrari per tornare in lotta per il successo.
Il “Risorgimento Ferrari” di inizio millennio ha una chiara paternità. I cinque titoli mondiali consecutivi al volante delle monoposto di Maranello furono la logica conseguenza di un processo di ristrutturazione del team sotto ogni punto di vista. Non ultimo, un netto cambiamento della mentalità, volta al miglioramento continuo nonostante si fosse già il riferimento tecnico della categoria. Una forma mentis che non si compra al mercato: te la dona madre natura, non si costruisce.
Parliamo di una persona in grado di catalizzare intorno a sé figure carismatiche attraverso la mentalità del lavoro di squadra, che non si riduce al retorico adagio in base al quale si vince e si perde insieme. Trent’anni fa, il 16 novembre 1995, Michael andò subito in pista a Fiorano, sfidando la scarsa visibilità in quella giornata uggiosa dal cielo plumbeo, in cui si potevano distinguere in modo chiaro i dischi incandescenti della 412T2. Mattina in cui, abbiamo osservato l’ultima monoposto della rossa spinta da un dodici cilindri della storica scuderia italiana.
F1, Ferrari: un nuovo risorgimento rosso
Dopo trent’anni, a Maranello arriverà il pilota che ha battuto molti se non tutti i record di Michael. Non si intende paragonare l’arrivo dell’asso tedesco con quello di Sir Lewis Hamilton. Sono davvero troppi i fattori differenti che rendono impossibile qualsiasi tipo di accostamento. Di certo, l’arrivo di entrambi ha generato e sta producendo un’attesa davvero spasmodica, anche se diversa, tra la marea di supporter della Ferrari. Schumi doveva riportare in vita un team in terapia intensiva, in relazione al livello competitivo della storica scuderia a metà degli anni novanta.
Hamilton è invece chiamato ad un lavoro differente. Si tratta di ribadire il suo grande talento e dimostrare che può vincere dovunque, anche nel team più esposto a ogni genere di pressione mediatica e alimentata dalla passione sportiva di una nazione e dei suoi fan in ogni angolo del mondo. In un certo senso, Hamilton potrebbe dare inizio a un nuovo “Risorgimento Rosso“, il cui testimone potrebbe essere raccolto successivamente da Charles Leclerc, se non altro per ragioni anagrafiche.
Una storia pressoché simile a quella della stagione 1984, quando Niki Lauda vinse il terzo titolo mondiale beffando Prost per mezzo punto. L’austriaco chiuse la sua fantastica parabola nel Circus, mentre Alain negli anni successivi divenne il “professore” della F1. Questo è almeno ciò che si augurano i veri tifosi del Cavallino Rampante, che non si schierano in stupide fazioni che pretendono di anteporre al bene della storica scuderia italiana quello del pilota di turno di rosso vestito.
Sì perché, addirittura, basta bazzicare le reti sociali per capirlo, in questa ultime settimane c’è chi si augura il fallimento di Lewis Hamilton per una chiara ragione: salvaguardare il record di titoli iridati vinti da Michael, per far si che resti imbattuto ancora per qualche anno. Lo dico da adepto di Schumi: l’ottava corona di Lewis sarebbe sopratutto la grande vittoria della Ferrari, e tanto basterebbe per essere più che felici. Mi piace pensare che il tedesco possa un giorno vedere la scuderia, a cui ha ridato lustro e orgoglio, tornare in cima al mondo.
Come lui stesso affermò in una delle sue ultime interviste, da sempre in Formula 1 i record sono fatti per essere battuti. Fra qualche annata, di fatti, potrebbe toccare all’olandese Max Verstappen o ad altri fenomeni riscrivere le medesime statistiche. All’interno di questo ragionamento va pertanto ricordato che la Ferrari viene prima di qualsiasi partigianeria, consapevoli che il contributo fornito da Schumi in rosso rappresenta una formidabile eredità da raccogliere al più presto.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Ferrari – F1Tv – 2025