Nella pausa di F1, FUnoAT ha avuto la possibilità di visitare Dallara, nota azienda che situata a Varano de Melegari. La company fondata dall’ingegner Giampaolo è fornitrice monomarca di F3 e F2, oltre a collaborare con Haas in F1, scuderia alla quale fornisce il telaio. Abbiamo incontrato l’ingegnere Andrea Toso uno dei progettisti più esperti dell’azienda, impegnato anche nella progettazione delle vetture dell’Indycar, campionato americano con vetture monomarca Dallara. Con il tecnico abbiamo discusso di svariati temi che andiamo a proporvi: sicurezza, budget cap, progettazione e gomme.
Ingegner Toso, nel 2026 la F1 affronterà un nuovo cambio regolamentare. Qual è l’iterazione che hanno i vari team con la FIA nella fase di progettazione e quando inizia la fase di sviluppo di questo nuovo concept di monoposto?
“La strategia generale è cambiata da quando è arrivata Liberty Media. Prima la F1 stabiliva le regole; sicurezza, prestazioni, e se ne prendeva la responsabilità. C’era il F1 safety institute, che faceva da responsabile delle prove di omologazione e definiva le procedure. Questo era molto costoso per la categoria che doveva gestire molte persone, attrezzature, laboratori, oltre avere lei la responsabilità. Ora le cose si sono un po’ rovesciate, la FIA lascia carta bianca ai team lei controlla: voi proponete e noi decidiamo.
“Il compito della Federazione Internazionale è quello di verificare, se le cose vanno male la responsabilità è dei team. Nelle scuderie c’è il technical working group. I team (in vista del 2026 ndr) si dovevano mettere d’accordo su cosa proporre, a partire da chi ha la voce in capitolo maggiore, ovvero i motoristi. Per questo Ferrari, Mercedes, Honda hanno la loro squadra satellite, per avere 2 /3 voti ed il diritto veto. Con le regole degli ultimi anni è stato inserito il budget cap, e delle limitazioni in fase di progettazione o in termini di galleria del vento per chi vince.
“Verstappen, ad esempio, si è lamentato di non avere le flex wing, perché le vittorie consecutive del campionato per Red Bull ha tolto tempo di sviluppo. A quel punto, le squadre hanno deciso di semplificare, e nel 2026 la macchina sarà più semplice. La progettazione delle vetture è già stata sicuramente impostata, in quanto tra circa un anno dovranno scendere in pista”.
“Inoltre, i team prima devono affrontare la stagione 2025, quindi il gruppo di lavoro si sdoppia in due, dedicando le risorse per entrambe le monoposto. Ovviamente non puoi iniziare a pensare al progetto 2026, alla fine del prossimo campionato, il periodo di pausa in mezzo è troppo limitato. Inoltre, la difficoltà sta nel fatto che non possono essere assunte molte nuove persone per un motivo legato al budget cap.”
F1, Dallara: per quanto riguarda il budget cap, come viene gestito dalle scuderie, considerando anche eventuali incidenti?
“Ogni team deve fare circa 48 partenze con le 2 monoposto in 24 gare. Se consideriamo quindi un budget cap di circa 150 milioni di dollari, su ogni vettura possono essere investiti 3 milioni per gara. In questo c’è da contare lo stipendio del personale, la logistica, la ricerca e lo sviluppo per nuovi componenti o per produrre le novità. Gli incidenti sono delle spese extra inutili. Ad esempio Williams, che nella parte finale di stagione ha incontrato parecchie difficoltà economiche”.
“Quando si fa un crash, c’è tutta un costo elevato per la ricostruzione ed omologazione delle componiti, oltre al costo di delivery nella sede di gara. Ogni incidente comporta una spesa di centinaia di migliaia di dollari e per esempio, la scocca è una delle componenti più costose e meno prodotte: i team ne producono 3 / 4 telai nell’arco di una stagione, spendendo per ognuna circa 1 milione di dollari.”
Nelle ultime decadi la sicurezza ha fatto enormi passi in avanti. Quanto hanno insegnato i gravi incidenti che ci sono stati nel passato e dove la FIA fa più verifiche?
“Guardando alle F1 degli anni 70/80, erano terrificanti in termini di sicurezza, ma anche ora gli scrupoli non sono mai abbastanza. Se prendiamo ad esempio l’incidente di Grosjean in Bahrain, l’Halo e la cellula di sicurezza così evoluti gli hanno salvato la vita. Paradossalmente però, al crescere dalla sicurezza diminuisce lo spettacolo quando al pubblico in realtà piacciono gara dove piove, dove ci sono Safety Car, caotiche. Le gare diventano prevedibili ed accessibili, i piloti si allenano al simulatore e la mentalità ormai è quella di resettare e ricominciare, non c’è più paura”.
“Ma siamo sicuri che vogliamo delle gare prevedibili? Se simuli tutto, prevedi ogni scenario, sorpasso e strategia, consumo gomme e carburante, hai corse prevedibili, quando in realtà vuoi l’imprevedibilità. Stiamo andando verso una direzione del genere . Lo spettacolo adesso esiste grazie al tetto spese, che ha riavvicinato le vetture permettendo più ore di sviluppo agli ultimi team della griglia. In modo inevitabile i valori in campi si avvicinano, ma non è questo che rende lo spettacolo imprevedibile”.
“Per mia opinione, le vetture devono essere sicure ma semplici. Paradossalmente, togliere gli alettoni, aumentano i costi, il peso e non danno nulla in termini di sicurezza. Facilitano solamente la fase di curva, dove non escono a pieno le abilità del pilota. Senza alettoni la stessa macchina potrebbe correre a Monza come a Montecarlo, abbassando i costi e il personale necessario. Alla maggior parte degli spettatori non interessano i piccoli dettagli su cui vengono spesi migliaia di euro senza aggiungere sicurezza”.
Il lavoro di un anno su una monoposto viene tradotto in poche ora di sessione in pista. Spesso i meccanici tra un run e l’altro devo fare delle modifiche al setting micro o macroscopiche. Quant’è importante dare la possibilità ai meccanici di effettuare dei cambiamenti facili di set up e quindi costruire la vettura in modo tale che queste variazioni siano “comode”?
“Orami è impossibile fare delle modifiche veloci al setting. Ci si prepara dei gruppi premontatati facile da togliere e mettere: Alettoni, gruppo ruote, sospensioni. Questo comporta un costo aggiuntivo. Le barre antirollio, ad esempio, si sostituiscono ed ogni barra ha una determinata rigidezza, perché inserire una regolazione aggiunge un peso”.
Dallara fornisce svariati tipi di campionanti, a ruote coperte e scoperte. Qual è il rapporto con il cliente? Consegnata la vettura monomarca, voi indicate già un set up di base, collaborate nella fase di sviluppo? Il progetto viene seguito da un uomo Dallara per ogni campionato o uno per ogni scuderia?
“Distinguiamo due tipologie di clienti: il campionato monomarca, tipo F2, F3, Indycar, Super Formula, progetti la macchina con l’input delle squadre degli anni precedenti. Concordi con l’organizzatore del campionato, un certo perimetro di azione: questo motore, trasmissione, sospensioni, aerodinamica. Viene fatto un prototipo, con delle presone di Dallara che seguono il progetto, compreso un pilota di sviluppo. Si cerca di scremare tutti i possibili problemi, ed entro ottobre dell’anno precedente alla competizione devi finire la fase di progetto”.
“Successivamente inizia la produzione e consegni verso gennaio o febbraio le macchine uguali per tutti. Cerchi di dare un set up di base, che poi le squadre modificano per farlo loro e poi durante gli eventi ci sono 1 / 2 persone Dallara che vanno in pista. Loro documentano eventuali problemi, verificano se ci sono forniture da fare per pezzi di ricambio scarsi, concordano con gli organizzatori eventuali novità per gli anni a seguire. Danno un’assistenza tecnica generalista.”
“Nel caso, invece, di ciò che viene fatto nel WEC con Ferrari, BMW o Cadillac, Dallara, lavora con queste scuderie che sono in competizione (non è un campionato monomarca ndr). Allora in questo caso il cliente chiede 2/3 persone Dallara che vadano in pista per lavorare per i singoli team e seguano cronometraggio o setting della vettura”.
F1, Dallara: McLaren da qualche anno è entrata nell’Indycar. Quanto può aver aiutato, se è stata d’aiuto, l’esperienza già acquista in F1 del team campione del mondo 2024?”
“Zak Brown è nativo di un quartiere vicino ad Indianapolis, lui ha comprato la Smith motorsport in America e l’ha unificata con McLaren. Questa unione ha dei benefici principalmente dal punto vista del marketing. (particolarmente ora che McLaren e campione del mondo ndr). Ai fini sportivi e prestazionali le strutture sono separate, ed hanno ognuna la propria struttura progettuale o simulativa. La squadra corse di McLaren Indycar ha sede ad Indianapolis ed ha un proprio team di sviluppo di circa 50/60 persone.
“L’idea McLaren di portare la mentalità della F1 in Indycar è stato un fallimento, perché in Indycar è tutto molto più pratico, meno studiato è più limitato. Chi dalla Formula Uno andava a lavorare in Indycar lo vedeva come un declassamento, sono due entità diverse. Poi la scuderia di Woking ha accettato la realtà americana ed ha capito che era preferibile prendere persone statunitensi, con la mentalità a stelle e strisce”.
La differenza tra una macchina di formula ed una macchina stradale è quella che la macchina di F1 costruisce la vettura sulla gomma, ma come si procede? Prima viene modellato lo pneumatico e poi c’è l’inizio della progettazione della vettura, oppure le cose vanno avanti parallelamente?
“Generalmente il modello della gomma viene fatta prima. Per esempio, quando la F1 ha introdotto i cerchi da 18 pollici, prima hanno fatto molta sperimentazione sulla F2. Inizialmente è stato fatto il prototipo, poi i test e infine un vero e proprio campionato corso con le gomme da 18″. Hanno risolto la gran parte dei problemi, poi hanno fatto un po’ di sperimentazione con le squadre di F1, ma i costi sono molto più alti; quindi, dovevi aver già risolto i grattacapi più grossi”.
“L’approccio è conservativo, e pertanto, i costruttori di gomme, fanno molte sperimentazioni prima di validare il prodotto. Decisi gli pneumatici, successivamente sono le varie scuderie a decidere quale sia la ripartizione di frenata e dei pesi, con la quale far omologare le vetture. La ripartizione dei pesi e il bilanciamento aerodinamico della vettura, sono die fattori che vengono definiti a inizio stagione, con un piccolo margine di lavoro sul quale le squadra possono muoversi, anche se non non può essere stravolto.
“Ecco perché il costruttore prende la gomma validata da Pirelli, produce il modello matematico e costruisce la macchina su questa tipologia di compound, per poi fare la macchina e omologarla. Se viene sbagliata l’omologazione, il team deve giocarsi una sorta di “jolly” negli anni successivi, per cambiare alcune cose”.
Autori e grafici: Leonardo Pasqual – @PasqualLeonardo – Zander Arcari – @berrageiz