In F1, vincere significa non sbagliare nulla. Ogni dettaglio conta, e Red Bull lo sa bene. Proprio per questo ha scelto di seguire direzioni tecniche precise, mirate a prepararsi per la prossima battaglia iridata. McLaren e Ferrari hanno alzato l’asticella nel 2024, riuscendo a superare la scuderia austriaca in un anno che, almeno nelle prime battute, sembrava destinato a un dominio incontrastato della RB21. La RB21 era una vettura che, a prima vista, pareva capace di sbaragliare ogni avversario senza nemmeno faticare. Ma alla fine, ciò che ha fatto la differenza è stata la classe immensa del talento di Hasselt.
È stato lui, l’olandese, a portare a casa il titolo piloti con una maestria quasi poetica. Senza la sua abilità la storia avrebbe avuto un epilogo senza dubbio differente, lasciando la Red Bull a bocca asciutta. Ora, però, serve una svolta. È tempo di cambiare marcia e di invertire la tendenza. Il team pluripremiato, consapevole della sfida, ha investito energie immense per colmare il divario competitivo che lo separava dai suoi rivali più diretti al termine dello scorso mondiale. La missione resta invariata per la squadra guidata da Christian Horner: vincere. Niente di meno, nessun compromesso.
Non potrebbe essere altrimenti per una scuderia abituata a inseguire la perfezione. Ma le ambizioni devono essere accompagnate da una preparazione tecnica che, nel 2024, ha mostrato diverse crepe. Uno dei temi più affascinanti, e forse meno visibili a un primo sguardo, riguarda l’approccio aerodinamico al retrotreno. È un argomento tanto cruciale quanto sottovalutato. Un’area di studio che potrebbe rivelarsi decisiva per determinare il destino di Red Bull nella prossima stagione. Qui, nei dettagli nascosti, si gioca parte del futuro di una squadra che ha fatto della vittoria la sua ragion d’essere.
F1, Red Bull ha lavorato sul retrotreno della RB21
Poco prima che il sipario calasse sul campionato, Pierre Waché, responsabile tecnico della Red Bull, aveva svelato, con un candore quasi disarmante, le maggiori criticità che affliggevano la RB20. Le sue parole delineavano, con precisione chirurgica, le aree su cui il team avrebbe puntato nel 2025. Come sappiamo Rob Marshall ha scelto McLaren, mentre Adrian Newey ha interrotto il suo storico rapporto di collaborazione con il team austriaco per unirsi alla scuderia britannica Aston Martin. Per tale ragione, di fatti, il tecnico transalpino resta l’ultimo baluardo di un’eredità da difendere.
Un compito per nulla semplice, specie se consideriamo che la squadra è giunta terza, pure alla spalle di Ferrari, nel campionato costruttori. Oltre a soffermarsi sulle difficoltà nelle curve lente, tema già ampiamente scandagliato nei giorni scorsi, Waché ha esplorato un argomento altrettanto intrigante: le ali posteriori. L’introduzione del budget cap, il tetto spese che ogni scuderia di F1 deve rispettare, ha inaugurato un’era di compromessi, una danza sottile tra ambizione e razionalità. Il Cavallino Rampante, ad esempio, aveva scelto una politica ben chiara al riguardo.
Ci riferiamo alla decisione di affidarsi, molto spesso, a un’unica specifica di ala posteriore per gran parte della prima metà di stagione. Il tutto apportando solo qualche piccola modifica per il Gran Premio di Imola. Parliamo di una strategia tanto audace quanto ponderata: ottimizzare la comprensione della monoposto e, al contempo, contenere i costi. Produrre più configurazioni era quasi visto come un lusso. Al contrario, concepirne una decisamente versatile era una sorta di impresa degna di architetti visionari. Provvedimento che però ha funzionato, possiamo dire.
Pierre ha insistito e non poco sulla necessità di progettare un’ala specifica per i circuiti a basso carico. A tal proposito, non possiamo sostenere che Red Bull sia rimasti inerte: il lavoro sul posteriore c’è stato eccome, anche se meno intenso rispetto a McLaren. Questo ha inevitabilmente ristretto la finestra di messa a punto della RB20, soprattutto nei tracciati dove il basso carico aerodinamico regnava sovrano. A Monza e Las Vegas, la squadra di Milton Keynes si è presentata con una versione al posteriore ritoccata. Una specifica ottenuta con la “maestria artigianale” tagliata sul bordo d’uscita.
In Nevada, per rendere ancora più efficace la soluzione, tramite l’utilizzo di un dremmel, i tecnici del team si sono visti costretti a limare ulteriormente l’ala durante il venerdì. Una manovra che all’epoca parve quasi disperata. All’interno di ambedue gli scenari competitivi citati, il rendimento ottenuto non è stato eccezionale. A Monza Verstappen è giunto sesto, staccato di 38 secondi dal vincitore; mentre negli Stati Uniti d’America l’attuale 4 volte campione del mondo di F1 ha chiuso la corsa in quinta posizione. Risultati insufficienti che hanno fatto prendere una decisione in merito.
Secondo le informazioni raccolte dalla nostra redazione, per la prossima campagna agonistica si delinea una nuova strategia. Un cambio di rotta quanto mai necessario. Ragion per cui, nel 2025 vedremo prendere forma un specifica per i circuiti da basso carico con la Red Bull. Tra le opzioni si parla pure di un’alta tematica: lavorare con più enfasi sulla beam wing e sviluppare configurazioni di carico diversificate. È una visione che affascina, specie alla luce della flessibilità dimostrata da McLaren nell’adattarsi con eleganza alle diverse esigenze delle piste.
Il provvedimento in questione potrebbe sembrare un mero dettaglio. Ma in realtà sappiamo bene l’importanza di questa piccola componente, parliamo della beam wing, in grado di marcare tanta differenza se abbinata con efficacia alla versione di ala posteriore. Il target collima con la volontà di allargare la finestra di set-up, aspetto menzionato dallo stesso Helmut Marko le scorse settimane. Una caratteristica che ha contribuito a rendere vincente la Red Bull, negli scorsi campionati, e che deve nuovamente essere raggiunta per competere ai massimi livelli nel 2025.
Autori: Zander Arcari – @berrageiz – Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich
Immagini: McLaren – F1Tv