Lo scorso aprile Red Bull ha fatto “un’altra vittima” in F1. Parliamo di Lawson che dopo solamente due gare con la RB21 è stato costretto a lasciare il posto a Tsunoda. A distanza di 5 mesi possiamo giudicare con un minimo di cognizione la scelta capeggiata da Helmut Marko. Decisione che, a conti fatti, non ha cambiato le dinamiche del secondo pilota. Il problema non è chi guida ma la vettura austriaca.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio
La scuderia di Milton Keynes non è nuova a questi cambi repentini, peraltro decisi in maniera piuttosto affrettata. Basti pensare a Pierre Gasly, retrocesso in Toro Rosso dopo dodici giornate. Ma la faccenda di Liam è senz’altro un super record nella massima categoria. Ad avvicinarcisi di più Daniil Kvyat, retrocesso dopo appena 4 Gp nel 2016, una mossa che di fatto ha distrutto l’autostima e di riflesso la carriera del russo.

In quel caso, però, il pilota originario di Ufa aveva creato non pochi problemi, causando incidenti gravi (vedi i famosi “Torbedo” con Vettel). Una retrocessione rapida come quella di Lawson è davvero rara in Formula 1, poiché i team principal o chi per loro tendono a dare più tempo per adattarsi ai nuovi arrivati, dal momento che ogni macchina è diversa e la RB21 sotto questo aspetto non faceva eccezione.
Anzi, se possibile, l’esempio Red Bull è pure peggiore poiché la vettura ha non pochi problemi. Questa decisione fa pensare maggiormente a motivi di scontento interno piuttosto che a un giudizio di tipo sportivo. Inoltre poteva rovinare la reputazione di un pilota, ma pure quella della scuderia che lo ha scelto. Questo tipo di decisione frettolosa e impulsiva denota un certo caos gestionale.

C’è poi un’altra considerazione da fare. Parte del peso sulla scelta ci spinge a pensare a un’altra cosa: il sedile di Lawson aveva già il numero 22 di Yuki Tsunoda cucito sopra fin dal principio. Il team pluripremiato non si era fidato subito del nipponico, in quanto la sua personalità con un carattere esuberante si pensava non fosse compatibile per il ruolo di secondo pilota alle spalle di Verstappen.
Tsunoda non ha colpe esattamente come Lawson
La situazione di Yuki Tsunoda ha visto una crescita prestazionale e continua del pilota di Sagamihara, che appunto ha convinto il team di Milton Keynes a sostituire il nuovo arrivato. Uno scambio così, inter-nos, che quindi non poteva fare affatto male… forse. Ma in realtà tutto dipendeva dalla nuova macchina e non da chi la pilotava. Dallo scorso anno è arrivato l’addio di alcune figure chiave.
Un “grande esodo” verso le altre scuderie che spiega i tanti problemi patiti sin dalla scorsa stagione. Un situazione che si è conclusa con il licenziamento in tronco di Christian Horner, sollevato dal suo incarico a metà stagione. Prima che Tsunoda salisse sulla RB21, Red Bull aveva dichiarato che il team aveva risolto i problemi di instabilità sulla vettura. Un lavoro di affinamento che doveva risolvere o in gran parte limitare i guai patiti.

Tutte cose che dovevano teoricamente essere d’aiuto ai piloti… sulla carta. Ma i fatti parlano chiaro: nelle prime quattordici gare del mondiale 2025, l‘unico che è riuscito a guidare la RB21 è Verstappen, e non senza un’enorme difficoltà. La strada di sviluppo intrapresa dai tecnici è molto estrema e le sole doti di Max sono in grado di dominare una vettura scorbuta, disobbediente. Il resto è solo aria fritta.
Pertanto, alla stregua delle enormi difficoltà sofferte da Lawson, che peraltro tornando il Racing Bulls si è pure tolto la soddisfazione di battere l’olandese, anche Tsunoda va scagionato. Perché il valore aggiunto di Verstappen è inarrivabile, sebbene qualche ex pilota, Villeneuve, sostenga che ai suoi tempi (anni 90) di piloti del genere ce ne fossero almeno 4 o 5 a stagione. Follia pura, la sua, secondo noi…
E Sergio Perez? “Il male minore”
Valutando il trattamento riservato a Lawson, e i risultati da lui ottenuti, forse siamo stati troppo severi con Sergio Perez. Abbiamo capito le cause che spiegano i risultati del neozelandese, alle quali, senza dubbio, si somma una parte di inesperienza, dove peraltro l’enorme pressione su di lui esercitata dal minuto zero ha senz’altro contribuito in maniera pesante ad aggravare lo scenario.
Red Bull prova una fatale resistenza di fronte ai “nuovi talenti”, o sta solamente aspettando che un nuovo Verstappen bussi alla porta? La seconda ipotesi è piuttosto utopica, considerando che Max è un fenomeno assoluto nel panorama del motorsport. E allora ci viene voglia di ripensare a Perez che per quanto abbia sofferto e ottenuto dei risultato spesso sotto le attese, per lo meno ha saputo tenere testa al talento di Hasselt.

Lo ha fatto in minima parte, ma conti alla mano, dopo Daniel Ricciardo è stato l’unico a condividere il garage con l’olandese in grado di batterlo con merito, non per fortuna. Forse Red Bull dovrebbe ripensare un po’ a tutto il suo programma e di fatto lo sta facendo. Un cambio di pensiero necessario per affrontare in maniera indipendente un mondiale, quello 2026, dove arriva il nuovo ciclo regolamentare.
Autore: Elisa Cuboni
Immagini: Red Bull – F1Tv
