Red Bull porta a casa una Budapest amarissima in F1. Verstappen e la sua RB21 tagliano il traguardo del Gran Premio di Ungheria al nono posto, dietro alla Racing Bulls di Liam Lawson: la cartolina della mediocrità espressa dal team austriaco in terra magiara. Non c’è stato alcun momento del weekend in cui il team abbia fornito la sensazione di potersi inserire nelle posizioni che contano.
Il Re è svuotato
Dal punto di vista statistico, si tratta del peggior risultato conseguito da Max negli ultimi tre anni, al netto di ritiri o gare condizionate da penalità. Proprio tre anni fa, nel tracciato ungherese, il campione del mondo fu vittima della scellerata manovra di Valtteri Bottas in partenza, che procurò ingenti danni alla RB16B. Tuttavia quella era la stagione del primo titolo iridato di Max e la vettura austriaca era assai competitiva.
Quest’anno è tutta un’altra storia. I problemi endemici della RB21 sono stati spesso mascherati dal fuoriclasse olandese. Nell’ultimo fine settimana prima della pausa estiva, però, anche il due volte campione del mondo è apparso assai logoro. Siamo abituati a un pilota furioso quando il mezzo non asseconda le sue necessità. Un modo per tenere sulla corsa tutto il team diretto da Laurent Mekies.

Parliamo di un pilota abituato a lottare contro i mulini a vento nel corso della sua carriera. Lo ha fatto lungamente nel corso dell’egemonia Mercedes e di recente contro i missili papaya. Al netto dell’inferiorità tecnica, in Ungheria Max è parso molto svuotato. Nella prima parte del campionato ha fatto il possibile per contenere lo strapotere delle McLaren, sperando in una crescita della monoposto.
Lo sviluppo della prima vettura del post Newey è impalpabile. Conseguentemente, il figlio di Jos ha compreso che presto dovrà cedere la corona iridata, sperando che la restante parte della campagna non sia una lunga agonia. Del resto, l’unica incertezza in questa stagione è solo il nome del prossimo pilota del team di Woking che si laureerà campione del mondo, ben 17 anni dopo Lewis Hamilton.
Le difficoltà di Hamilton sono un monito anche per Verstappen
La storia anche recente della Formula 1 è ricca di grandi piloti consapevoli di dover affrontare una fase difficile della carriera. Lo è stato per Senna nel suo ultimo periodo in McLaren, o altri che hanno addirittura scelto di concedersi un anno sabbatico, come Alain Prost nel 1992. Verstappen non ha alcuna intenzione di appendere il casco al chiodo nemmeno in via temporanea. Questo sia chiaro.

Il prossimo anno potrebbe essere ancor più difficile, in quanto Red Bull sarà anche costruttore delle power unit che equipaggeranno la RB22 e la VCARB03. Non è dato sapere se Max abbia voluto concedere un’altra chance al team che lo ha reso grande o abbia preferito un anno di transizione, in grado di poter operare la migliore scelta alla fine della prossima campagna.
Il fatalismo apprezzato quest’anno non fa parte del DNA di chi è ossessionato dalla vittoria. È solo il modo migliore per temporeggiare, in attesa di capire chi abbia interpretato nel modo più efficace il prossimo quadro normativo. Al tempo stesso va sottolineato che Red Bull è la comfort zone di Max. Un team che prima lo ha valorizzato e di cui è diventato, nel tempo, il deus ex machina.

Una condizione di privilegio assoluto che il pilota olandese pretenderà sicuramente nel suo prossimo capitolo professionale. Insomma, chi vorrà l’olandese dovrà plasmare il team in base alle esigenze del campione del mondo e non viceversa. Il flop di Lewis Hamilton nella prima fase della sua esperienza in Ferrari è illuminante in tal senso. I team devono adeguarsi alle richieste dei loro assi e non viceversa.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Zander Arcari – @berrageiz
