Antonelli e Wolff hanno un rapporto particolare in F1. Toto è riuscito a spronare il suo pupillo con le dichiarazioni di Monza. Da quel punto parte la reazione di Kimi, cambiando completamente il modo di interpretare il fine settimana di gara. Lo step in questione era atteso da tempo, sia per confermare il rinnovo che per ritrovare quelle certezze oramai smarrite. Operazione alquanto necessaria.
La scintilla di Kimi
Prima un quarto posto al Gran Premio di Baku, dove una qualifica migliore poteva issare il giovane talento italiano sul podio, dietro il compagno di squadra George Russell. Poi una quinta piazza a Marina Bay, dove anche in questo caso un sabato più proficuo avrebbe regalato una posizione finale più alta. Due risultati che, nel contesto della stagione d’esordio del bolognese, assumono un valore tecnico e psicologico notevole.
Wolff è davvero bravo con le parole e, nel caso del suo “protetto”, ha preferito una comunicazione scevra da giri di parole. L’austriaco sa bene che in Formula 1 elogio e protezioni costanti possono divenire un veleno sottile. Così, quella critica post-Monza, usata come sprone, ha finito per “accendere un fuoco sotto il sedere” del ragazzo, parole sue. E guardando il recente comportamento di Antonelli, la metafora calza a pennello.
Kimi sembra aver ritrovato equilibrio, lucidità e soprattutto un certo focus tecnico, che lo sta aiutando parecchio a interpretare il fine settimana di gara. Lontano dalla pressione dei riflettori europei, senza l’ossessione per i paragoni con Russell, il diciannovenne sembra rinato: lavora in silenzio, circondato dagli ingegneri, immerso nel processo di crescita più complesso della sua carriera.
Il talento c’è, ma la F1 non è un kart
Antonelli ha già mostrato di essere una forza naturale in pista. Nelle formule minori, il suo talento è stato definito da molti come “il migliore dell’ultimo decennio”. Ma la Formula 1 non perdona, e Wolff lo sa bene. Il salto nel Circus richiede non solo velocità, ma anche la capacità di adattarsi a un ecosistema tecnico, politico e mediatico che può travolgere chiunque non abbia solide fondamenta.
Il 2025, per Kimi, è un anno di transizione, ma soprattutto di grande formazione. D’altra parte, tutti i piloti hanno già una certa esperienza, sia con le auto ad effetto suolo che con i diversi layout che compongono il calendario. Una sorta di “handicap” naturale. Ma per l’anno venturo tutto cambia: si riparte da zero. E sarà l’occasione giusta per vedere all’opera tutto il potenziale dell’italiano.
Mercedes ha sempre creduto in un processo graduale. Stessa situazione per Russell, ancora in attesa del rinnovo, che ha dovuto spendere diverse annate per diventare il pilota solido che sa battere tutti gli avversari. Lo stesso Hamilton, prima di dominare la Formula 1, ha dovuto imparare a gestire la pressione e la troppa foga. Kimi, per ora, sta percorrendo la stessa strada: lenta, ma inesorabile.
Una lezione alla vecchia maniera
Dietro l’immagine glaciale del manager, Toto resta un uomo di scuola austriaca: diretto, meritocratico, convinto che il carattere si possa forgiare anche sotto forte stress. In questo senso, il caso di Kimi è piuttosto emblematico. Quello che potremo definire un piccolo capolavoro di psicologia sportiva: quel commento pubblico pungente, la fiducia privata mantenuta e un pilota che ha risposto con maturità.
Wolff non ha mai nascosto che per lui “fare errori fa parte del processo”, e incoraggiare Kimi a sbagliare è stato forse il segreto di questa evoluzione improvvisa. Il giovane bolognese non è ancora pronto per sfidare i mostri sacri della griglia, ma ciò che sta mostrando – resilienza, capacità di apprendere, controllo – è esattamente quello che il team di Brackley cerca in un futuro campione del mondo.
Autore: Zander Arcari – @berrageiz
Immagini: Mercedes – F1Tv
