Alla Scuderia Ferrari serve un nuovo paradigma. Horner sarebbe l’uomo perfetto per realizzarlo. Non si tratta di una suggestione alimentata da una delle fasi meno gloriose della storia del Cavallino Rampante. Innanzitutto, è doveroso premettere che gli endemici problemi che affliggono la scuderia modenese non possono essere ascritti solamente all’operato di Frederic Vasseur.
Questo perché la Rossa ha smesso di vincere da quasi vent’anni. In una recente intervista, l’ex boss della Gestione Sportiva, Maurizio Arrivabene, ha indicato nelle aree specifiche, che rispondono ai nomi di aerodinamica e compositi, l’atavico ritardo tecnologico della squadra di Via Abetone Inferiore 4. Un intervallo tecnologico che va assolutamente colmato nei confronti dei competitor d’oltremanica.

A partire dal suo insediamento a Maranello, l’attuale team principal francese, Maurizio, ha operato una profonda riorganizzazione del team, sia in termini di risorse umane che di processi. La crescita della scuderia italiana, però, iniziata proprio nel 2023, si è bruscamente interrotta quest’anno, quando, di fatto, l’asticella si è alzata e i titoli iridati sono diventati obiettivi dichiarati, target peraltro fallito miseramente.
Vasseur tradito dalla sua prima linea
Il manager di Draveil è stato tradito dai feedback rassicuranti forniti dalla sua prima linea in merito alla bontà del progetto che ha prodotto la SF-25. Tutti i team principal, pur avendo un background ingegneristico, non possono che riporre fiducia nell’operato dei propri collaboratori. L’amara constatazione è che la struttura disegnata dal manager di Draveil non sta funzionando correttamente.

Se le carenze del progetto 677 sono state (poco elegantemente) attribuite all’ing. Enrico Cardile, lo sviluppo della SF-25 è stato curato dagli uomini prescelti dal transalpino. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Dal Gran Premio del Belgio, in cui è stata introdotta la nuova sospensione posteriore, il Cavallino Rampante ha raccolto la miseria di appena 38 punti. Da troppo tempo si assiste a weekend che sanno di farsa.
La SF-25 funziona una bellezza nelle FP1, utilizzando il setup di base deliberato al simulatore, per poi precipitare nel baratro nel corso dei weekend, allorquando è necessario trovare una quadra tra performance e necessità di essere in regola sotto la bandiera a scacchi. A valle dei race weekend, i volti sono sempre più scuri e le ragioni delle disfatte sempre meno credibili.
Ciononostante, l’ingegnere francese è stato confermato sul ponte di comando della Rossa, apparentemente su forte insistenza dei piloti. Tuttavia, la sua posizione è sempre più traballante, in un mondo in cui i contratti sono spesso e volentieri cartastraccia. Una sorta di proroga vincolata alla bontà del progetto 678. Cambiare il team principal risolverebbe la situazione? Sì, ma solo a determinate condizioni.
Ferrari: serve un ponte tra la proprietà e il team
Ormai bisogna farsene una ragione. Il top management della Rossa è disinteressato verso le sorti sportive del reparto corse. Qualche capatina nel paddock da parte di John Elkann e Benedetto Vigna serve solo a ricordare al mondo le loro cariche istituzionali. Insomma, l’occhio del padrone non c’è. Allora, sarebbe l’identikit del miglior timoniere possibile per la squadra modenese?

Duole dirlo, ma serve una figura esterna che provenga da una cultura manageriale distante anni luce da quella di Maranello. Non perché l’eccellenza non sia di casa in Via Abetone Inferiore n. 4, ma perché un’ipotetica riorganizzazione deve essere scevra da qualsivoglia retaggio del passato. Alla guida della Ferrari serve un vincente, una figura carismatica che non possa essere messa in discussione da nessuna corrente avversa.
Quello che serve come il pane alla Rossa è un manager che consideri il team una propria creatura e non la più grande azienda di auto al mondo. Solo con tale tipo di mandato, l’assenza ingiustificata della proprietà diventerebbe irrilevante. Pensiamo un attimo al programma sportivo Red Bull. Horner, sulle ceneri della Jaguar, ha creato uno dei team più vincenti della storia, che ha nelle bevande energetiche il proprio core business.

Christian ha costruito il giocattolo perfetto, mattone dopo mattone, nonostante la proprietà fosse assai lontana dalle vicende sportive del team. Mateschitz era un visionario che ha investito molto; tuttavia, l’ingresso in Formula 1 era parte del programma di sviluppo commerciale del brand Red Bull. Horner ha trasformato un marchio di lattine in un team vincente grazie a pieni poteri e ruoli apicali in tutte le divisioni del programma.
Cambiare di passo per azzerare gli alibi
La scarsa presenza della proprietà non deve diventare un alibi. Il fondo sovrano del Bahrain, Mumtalakat, assieme a CYVN, ha acquisito il 100% di McLaren Racing nelle scorse settimane. Anche se, soprattutto per questo, il team di Woking sta vivendo uno dei periodi di massimo splendore della sua lunga storia. I tempi sono cambiati e una presidenza presente in fabbrica, in stile Luca Cordero di Montezemolo, è utopia.

Occorre cambiare paradigma e trovare le soluzioni operative affinché il futuro della Rossa sia affidato a un manager che egli stesso possa essere la Scuderia Ferrari e non l’ennesimo parafulmine di una proprietà poco interessata alle sorti sportive del brand. Elkann deve capire che, andando avanti di questo passo, le cose non cambieranno mai, con la Rossa che continuerà a perdere.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Scuderia Ferrari – Red Bull – F1TV
