Sulla Red Bull RB21 abbiamo visto diversi aggiornamenti nella tappa di F1 numero 20 del mondiale. Alcuni di questi riguardavano il mero contenimento delle temperature, altri un aumento del carico localizzato, mantenendo la medesima struttura della massa fluida. In molti pensano che non abbiano reso quanto atteso, osservando il rendimento della RB21 paragonato alla McLaren. Vediamo di capire meglio cosa è successo.
La delicata evoluzione della RB21
Una cosa è certa: le attuali monoposto di F1 sono davvero complicate a livello aerodinamico. Anche un piccolo errore in una determinata parte dell’auto può influire sul resto della vettura. A sottolinearlo è lo stesso Paul Monaghan, responsabile dell’ingegneria in pista della squadra di Milton Keynes. I problemi che ha dovuto affrontare il team sono emersi quando si è deciso di migliorare l’auto dopo un inizio di stagione non brillante.
Le sue parole non sono una dichiarazione di principio, ma il riflesso di un processo tecnico molto accurato, peraltro sviluppato passo dopo passo, in un continuo tentativo di coniugare prestazione e coerenza aerodinamica. La crescita della RB21 non è frutto di un singolo elemento, bensì di un insieme di fattori che, con il passare delle gare, hanno trovato una sorta di “equilibrio virtuoso” e di riflesso funzionale alla causa.

Un percorso già programmato sotto il mandato Horner, che ha trovato il suo culmine con l’arrivo di Laurent Mekies e il relativo cambio di approccio tecnico. A livello aerodinamico le cose hanno funzionato, trovando un equilibrio con la meccanica. Senza ombra di dubbio parliamo di una vettura molto più competitiva rispetto all’inizio della stagione, sebbene ci sia ancora qualche limite rispetto alla super McLaren.
RB21 non all’altezza della MCL39: ecco perché
L’altitudine di Città del Messico ha rappresentato un banco di prova severo per tutte le monoposto. Ne abbiamo parlato ieri, in un pezzo dedicato, dove si spiega nei dettagli anche la soluzione della Ferrari, costretta ad aperture più ampie rispetto alla MCL39. Per ottenere lo stesso valore di raffreddamento, in un contesto dove l’aria è più rarefatta di almeno il 20%, il flusso d’aria utile dev’essere per forza di cose superiore.

Red Bull ha risposto a questo tipo di sfida aprendo in maniera piuttosto considerevole le branchie di sfogo poste sulla parte superiore delle fiancate, incrementando la capacità di dissipazione termica. Ancora una volta, Monaghan ha spiegato quanto fosse importante questo aspetto, cercando di curare il più possibile l’aerazione dell’auto ma, al tempo stesso, di influire il meno possibile sulla gestione della massa fluida.
Osservando le immagini della RB21 si capisce come il team abbia deciso di ridurre il più possibile il limite di raffreddamento in uscita: grandi sfoghi subito dietro i sidepod per evacuare tutto il calore possibile. Di sicuro dubbio il lavoro svolto ha centrato il suo obiettivo, ma non è stato efficace quanto la soluzione vista sulla McLaren che, anche grazie all’efficacia del motore Mercedes, ha mantenuto pressoché invariato il cofano.
La gestione termica della MCL39 davvero super, caratteristica che ha facilitato il mantenimento della corretta struttura fluida senza patire perdite di carico. Il team di Woking ha realizzato un progetto capace di migliorare la dissipazione termica senza, anche con nuove tecnologie, senza “inimicarsi” il fattore aerodinamico. A questo va sommata la super amministrazione delle coperture, ormai ben conosciuta, del team inglese.

Un chiaro vantaggio che, se nelle ultime gare non si era fatto poi così tanto sentire nei confronti della Red Bull, sia per il tipo di layout che per l’ottimo lavoro del reparto che si dedica alla dinamica del veicolo, al Gran Premio del Messico ha fatto una grande differenza. Un distacco finale sul traguardo importante, 31 secondi, malgrado l’olandese abbia acciuffato un podio e mantenuto in vita le speranze iridate.
L’evoluzione della RB21 era mirata alla pista
Tutto quello descritto nel blocco precedente ha permesso a Norris di volare, ristabilendo una distanza prestazionale dalla vettura austriaca. Questo, tenendo presente che, parole di Andrea Stella, la squadra inglese non credeva di raggiungere questo grado di competitività. Un quesito sorge spontaneo: e gli aggiornamenti Red Bull? Anzitutto va detto che il fondo non è proprio nuovo, ma un “semplice adattamento” di una vecchia componente.

Sempre le parole di Monaghan, raccontano come il pavimento che ha usato Max fosse una “macro componente riciclata2”, riutilizzata grazie alla sua struttura modulare dell’elemento. Un’operazione sulla così detta edge wing, dove il bordo d’attacco ha subito alcuni cambi per estrarre un livello di carico maggiore pur mantenendo la corretta stabilità del flusso a valle. C’è pure un reshaping nella zona superiore dell’auto, nella zona ingresso delle pance.
Una modifica utile per reindirizzare la massa fluida verso il corpo vettura in maniera più efficace, contribuendo, e amministrando la pressione attorno alle branchie, verso il suddetto smaltimento di calore ottenuto con l’apertura del grande sfogo. Stesso discorso per le brake duct sull’avantreno, utili per garantire più rendimento sull’impianto frenante. Possiamo dire che gli aggiornamenti non hanno funzionato? No.

Tuttavia, allineandoci ai pensieri precedenti, ribadiamo che le soluzioni McLaren hanno offerto un bilanciamento termico e aerodinamico superiore: il riferimento della massima categoria, per intenderci. Red Bull conferma comunque la volontà di non mollare il colpo e, anche per questo, nei prossimi quattro Gran Premi (più due Sprint Race) vedremo altri upgrade per raffinare maggiormente le performance della RB21.
Autore: Zander Arcari – @berrageiz – Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich
Immagini: @xavigazquez – Red Bull – F1TV
