Le scomode verità alle spalle di una F1 cinematografica

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Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing) e Lewis Hamilton (Mercedes AMG) al termine del controverso Gran Premio di Abu Dhabi 2021

F1 – Siamo onesti, la serie Tv Netflix Drive to survive è un prodotto televisivo riuscitissimo: lanciata per la prima volta sulla celebre piattaforma nel 2019, da allora ha riscontrato un crescendo di “consensi” stagione dopo stagione. Certo, bisogna sempre tenere ben presente il target da cui questi stessi consensi provengono…

Secondo voi, è un caso che questa serie sia piaciuta parecchio alle cosiddette masse mentre agli stessi protagonisti ha fatto storcere un po’ il naso?! Io dico di no, e credetemi un motivo c’è.

Il colosso Netflix chiaramente come obiettivo principale vuole che la sua offerta sia ben accolta dal pubblico e che possa in un certo qual modo interessare lo spettatore medio, fidelizzandolo ad un’ennesima serie di cui (o almeno questo è quello a cui si punta) diventerà fan e seguirà stagione dopo stagione. Nella fattispecie di Drive to survive pare esserci riuscito benissimo: peccato però averla trasformata più nella versione motor-sportiva di “Centovetrine” che non in una sorta di cronaca oggettiva dei fatti realmente accaduti durante le competizioni. E questo agli occhi di una persona che segue concretamente la F1, non può affatto sfuggire.

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Charles Leclerc (Scuderia Ferrari) festeggia la prima vittoria nel campionato 2022 in Bahrain

Chi guarda questa serie tv con un minimo di occhio critico e non la “subisce” passivamente come fosse una qualunque fiction/sitcom di intrattenimento dozzinale, comprende benissimo che per quanto affascinante sia, edulcora parecchio la realtà, drammatizzando scene ed episodi che nella vita reale non hanno affatto preso la piega romanzata che stanno raccontando. Ed è piuttosto certo che lo scopo finale sia proprio questo: propinare allo spettatore una finta verità condita di battutine provocatorie e critiche tra piloti/team avversari, in modo da incuriosire ed attirare quante più persone possibile.

Certo, il rovescio della medaglia è stato quello di aver avvicinato in tanti al mondo della F1, e questo è quanto anche lo stesso Daniel Ricciardo (va detto, uno dei protagonisti indiscussi) ha notato nel corso della passata stagione: oltre l’improvvisa crescita esponenziale sui social, ha potuto anche constatare che la gente iniziava a riconoscerlo per strada, laddove magari in precedenza questo raramente accadeva. Dunque lui rappresenta uno dei pochi a sostenere che questa serie abbia giovato all’intero circus, oltre che alla sua immagine.

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Uno sconsolato Max Verstappen fa ritorno ai box dopo il ritiro nel Gp del Bahrain 2022

Non è affatto dello stesso avviso l’attuale campione del mondo in carica Max Verstappen che, oltre a pensare che determinati episodi siano stati impostati ad-hoc in modo da simulare accanite rivalità che allo stato oggettivo dei fatti non sono così feroci, ha addirittura deciso di non volerne più fare parte e di non rilasciare più interviste; così facendo a suo avviso, per loro non sarà più possibile costruire variopinti scenari su cose estrapolate da contesti e riinserite in altri più televisivamente succulenti. E all’incirca sulla stessa scia, questo è quanto sostiene anche il giovane Lando Norris.

Ma proprio a tal proposito, soffermiamoci anche su coloro che vengono rappresentati come i diretti avversari senza esclusione di colpi: Toto Wolff e Christian Horner. Se per il primo questa serie non ha giustifiche ed anzi dice quasi di detestarla, il secondo è leggermente più comprensivo perlomeno nell’identificazione dello scopo che questa serie ha: quello di essere solo e soltanto uno show televisivo, nulla di più.

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Stefano Domenicali, presidente e amministratore delegato del Formula One Group

Anche il CEO della F1 Stefano Domenicali sembrerebbe pensarla allo stesso modo: sarà pur sempre solo uno spettacolo tv, ma ha contribuito parecchio ad avvicinare tante persone ad uno sport che tendenzialmente è molto meno seguito di altri. Quindi è consapevole del vantaggio riscontrato, ma si dice anche comprensivo nei confronti di alcuni piloti che non vogliono essere rappresentati in un determinato modo: tant’è che si è discusso di questa situazione in Bahrain per indirizzare lo svolgimento del format verso una corretta linea che accontenti tutti e che soprattutto non distorca il senso di questo sport.

A mio avviso, non credo che il grande pubblico arrivi a pensare che possano esserci tutte queste critiche alle spalle del prodotto che viene loro proposto: penso sia molto più semplice accaparrarsi seguito con episodi in cui vengono dipinti screzi e accese rivalità perché chiaramente incuriosisce e fa molta più notizia, e soprattutto perché è molto più semplice credere di capirne qualcosa solo perché si è visto qualche puntata. Se davvero si è affascinati da questo sport, chi guarda Drive to survive non può che sentirsi preso in giro.


F1-Autore: Silvia Napoletano @silviafunoat

Foto: F1, F1TV, Oracle Red Bull Racing

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