lunedì, Ottobre 7, 2024

Mansell: “In F1 non esiste più il rischio”


Nigel Mansell e le critiche alla Formula Uno moderna. Il campione del mondo 1992 si è pronunciato, nel corso di un’intervista per il Daily Mail, su tematiche inerenti sia alla F1 passata sia a quella odierna. Il mondiale 2020 scatterà in Austria il 5 luglio al Red Bull Ring e proprio nel verde della Stiria, il sessantaseienne inglese fece il proprio debutto in Formula 1 quarant’anni fa. Il britannico esordì nell’agosto 1980 al gran premio d’Austria sul vecchio Osterreichring alla guida della Lotus 81B motorizzata Ford-Cosworth DFV.

In primo luogo, Mansell si è soffermato sui propri esordi e ha voluto evidenziare come il rischio, a quei tempi, fosse ben presente nella mente di un pilota: “In quell’epoca, molti piloti persero la vita, si trattò di un fatto terribile ma purtroppo sovente. La morte in pista poteva avere ripercussioni sulla tua psicologia. Io e Gilles Villeneuve eravamo molto legati, mi ha fornito sempre ottimi spunti di riflessione”.

L’ex campione IndyCar 1993 ha ricordato come la prematura scomparsa del canadese sia stato un momento molto doloroso della sua vita: “non scorderò mai la tragedia del Belgio. A Zolder mi trovavo proprio alle sue spalle e ho assistito a tutto. L’ho visto venire proiettato fuori dall’abitacolo e in seguito impattare contro le reti di protezioni lungo il tracciato. Nell’immediato pensai che le possibilità di sopravvivere ad un impatto così fossero ridotte ai minimi termini. Aver visto tutta la sequenza di quel tragico momento è stata l’esperienza più traumatica di tutta la mia vita – ha dichiarato Manselle ancora oggi sono terrorizzato al pensiero di quello che accadde quel giorno”.

L’ex ferrarista ha voluto sottolineare quanto fosse pericoloso gareggiare in quell’era della Formula 1: “negli anni ‘80 e ‘90, il nostro sport era molto pericoloso. Se non perdevi la vita, le ripercussioni a livello fisico ed anche mentale potevano essere particolarmente gravi. Le barriere adiacenti al perimetro della pista è erano molto ravvicinate all’asfalto, le vie di fuga era minime. Quindi non c’era margine di errore”.

Nigel Mansell alla guida della Williams W11 nel corso del GP Portogallo 1986
Nigel Mansell alla guida della Williams W11 nel corso del GP Portogallo 1986

Secondo il ‘Leone’ inglese, non fu la scomparsa di Villeneuve a cambiare la Formula Uno, bensì il Gran Premio di San Marino 1994. Fu il weekend più tragico della storia di questo sport. Nel corso delle qualifiche al sabato perse la vita Roland Ratzenberger, mentre la domenica ci fu la scomparsa di Ayrton Senna.

Sul tragico fine settimana di Imola, Mansell si è espresso così: “la morte di Ayrton Senna fu un giorno catastrofico per il motorsport, lo cambiò per sempre. Lo ha modificato per molti aspetti in senso positivo, mentre per altri in negativo. Per esempio ha completamente snaturato tutti i circuiti del globo. Questo è stato un errore madornale – ha puntualizzato l’ex pilota McLarenperché la Formula 1 era uno sport pazzesco dove venivi ricompensato se guidavi bene , mentre non ti perdonava se sbagliavi. Eri sempre sul limite, non potevi affrontare una curva 320 km/h se non avevi abilità. Ora è cambiato tutto, sembra quasi un’altra categoria rispetto a quello che era trent’anni fa”.

L’ex pilota della Williams ha voluto tracciare un parallelo tra la F1 della sua epoca e quella attuale: “Lewis Hamilton avrebbe ottenuto grandi risultati anche ai miei tempi, ma è sempre molto difficile paragonare ere diverse. Quando gareggiavo io, svariati piloti di talento hanno avuto incidenti nei quali si rotti o un arto superiore o un arto inferiore. Altri invece a causa di gravi problemi fisici hanno dovuto interrompere le propria carriera. Nella Formula 1 attuale i piloti reputati forti commettono banali errori, senza subire conseguenze. Anzi, nella monoposto ormai non versano manco una goccia di sudore – ha tuonato Manselltant’è vero che una volta conclusa la corsa escono dall’abitacolo come se fossero usciti da un parrucchiere”.

L’inglese si è poi soffermato sulla questione longevità: “la cosa meravigliosa di quando correvamo in quegli anni e che se arrivavi a disputare 180 GP senza lasciarci le penne, ti elogiavi con te stesso per la grande carriera che avevi avuto. Adesso vediamo carriere longeve di trecento e oltre gran premi senza alcun infortunio. Dovevamo sputare sangue, sudure e lacrime per ottenere i nove punti della vittoria – ha proseguito il classe 1953mentre ad oggi è tutto facile e si aggiudicano 25 punti per il successo di tappa”.

Nigel Mansell alla guida della Williams FW17 nel corso del GP Brasile 1992
Nigel Mansell alla guida della Williams FW17 nel corso del GP Brasile 1992

In virtù di un numero di gran premi sempre più alto nell’arco della carriera di un pilota, l’ex pilota Lotus non vede come improbabile il traguardo degli otto titoli iridati per l’alfiere Mercedes: “Lewis verrà ricordato come uno dei più grandi piloti di sempre e non vedo motivi per i quali non possa battere il record di titoli iridati di Michael Schumacher. Sia Hamilton che Schumacher hanno sempre avuto il supporto di grandi costruttori alle spalle per dimostrare le proprie capacità. Lewis ha vinto il suo primo iride con la McLaren e poi ha cambiato andando in una scuderia che gli ha consentito di vincerne altri cinque”.

Su chi sia stato il più grande di questo sport, il campione del mondo 1992 ha le idee ben chiare: “io dico sempre che Juan Manuel Fangio sia stato il migliore di sempre. Credo che lo stesso Lewis sarebbe d’accordo con me. Lui ha corso in un’era dove i piloti erano degli eroi. Gareggiavano senza protezioni adeguate, guanti, cinture di sicurezza e caschi inadeguati per quelle velocità. I piloti dell’epoca avevano il serbatoio del carburante tra le gambe e in caso di incidente c’era il 50% di possibilità di morire”.

Infine, l’ex iridato F1, ha voluto spendere parole al miele per la Ferrari, scuderia per la quale corse nel biennio 19891990: “per me aver avuto l’opportunità di far parte di una realtà come quella della Scuderia di Maranello è stata una sorta di utopia. Ero al settimo cielo e ho capito che vincere con il Cavallino Rampante è una sensazione unica. Penso che nelle ultime stagioni avrebbero potuto almeno ottenere un mondiale. Ma sfortunatamente sono stati commessi troppi errori per poter ambire al successo iridato” ha concluso Nigel Mansell.


Autore: Dennis Ciracì | @dennycira

Foto: F1 Williams Racing

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1 commento

  1. No, Nigel, ti sbagli: non esistono più i Mansell, i Piquet, i Senna, i Prost. A 360 Km/h se sbagli ti smalti. Adesso come 30 anni fa.

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