Hamilton: bisogna saper perdere

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Hamilton: bisogna saper perdere


Hamilton ha ragione: per una volta l’imbattibile Mercedes ha fatto cilecca. Carente quanto a prestazioni, sbagliata in fatto di strategia. Ma Hamilton ha soprattutto torto. Perché una squadra non si giudica e non si condanna quando si perde, specie se la sconfitta è un fatto occasionale e collaterale. Certo, Verstappen festeggia in vetta alla classifica piloti. Ma, siamo onesti, quanto potrà durare questa anomalia? Un guizzo blu che si inerpica in mezzo al nero argento, un uomo solo al cospetto di una parete di roccia troppo ardua da scalare. Allora, Lewis, perché recriminare?

Hamilton vuole vincere a tutti i costi, non importa se per volontà o per vendetta, per noia o per diletto. Questo lo sappiamo bene. Il DNA del campione non mente e non può nascondersi, nemmeno quando sarebbe più conveniente fare buon viso a cattivo gioco. Tuttavia la differenza sta nelle sfumature. Lewis tutto sorrisi, peace&love, guru dei giorni nostri, perde l’aplomb e l’aura proprio a Montecarlo. Si comporta come un ragazzino qualunque a cui il compagno di scuola ha sottratto la merenda. Hamilton nel Principato scorda le buone maniere, confonde le intenzioni, sfodera il suo lato peggiore. Non per vestire i panni del cattivo ragazzo. Ci starebbe bene, non fosse altro che per contrasto. Piuttosto impersona l’accusatore, pronto a criticare, il delatore, pronto a far condannare.

Hamilton: bisogna saper perdere
Hamilton e Mercedes festeggiano sul podio

Hamilton è esterrefatto. Come può l’imbattibile Mercedes rendersi colpevole di lesa maestà? Com’è possibile che cotanta perfezione teutonica venga meno, proprio laddove l’etichetta è d’obbligo, e ogni errore si sconta in una tremenda galera che non permette evasione? Succede, anche ai migliori. Trattasi di legge. Dura lex, sed lex, si usa dire. Ma questo non basta a placare il livore di Lewis. Una rabbia che si esterna per difetto, senza l’indulgenza del fervore, senza l’incoerenza della sconfitta a caldo. Perché il britannico la sua gara l’aveva già persa sabato, in qualifica, non riuscendo a esprimersi al meglio.

Un processo alle intenzioni? No, di certo. Sono dell’avviso che un numero uno come Lewis debba sempre fare la differenza, perché è il suo talento a richiederlo. Ci ha abituati all’eccellenza e non possiamo pretendere di meno vista la caratura del soggetto. E anche qualora registrasse un singhiozzo, un piccolo intoppo, un inciampo, potremmo perdonarlo in quanto umano, ma non scusarlo se si prodiga in un aperto ‘j’accuse‘. Specie nei confronti della squadra che lo ha reso immenso, che è cresciuta con lui, per lui e grazie a lui. Ci sono entità inscindibili, simbiosi perfette, pezzi di materia che hanno bisogno le une delle altre per esistere. Hamilton e Mercedes sono una di queste.

Ecco perché fanno male quelle parole, taglienti e mordenti. Caro Lewis “la lezione da imparare” che neghi, attribuendo le colpe alla tua squadra, è qualcosa di cui fare tesoro. Non si splende a caso e tu lo sai bene. Conosci le tenebre e le ombre di un’esistenza tutta tesa a dimostrare, ad arrancare, a subire. Un’esistenza volta a migliorare per raggiungere il sublime, quello che è già in te, nelle tue corde, nella magica armonia che il cielo ti ha elargito. Allora perché sprecarla in inutili stoccate, in cadute di stile che non ti fanno onore, in astio immotivato?

Una qualifica storta può capitare, soprattutto a Montecarlo, il luogo delle occasioni. Il Principato è una terra di mezzo in cui tutti provano e rischiano, consapevoli che l’unicità del tracciato li potrà rendere eroi per una volta. Beatitudini sporadiche, eccezioni fugaci, consolazioni da poveri nella tana dei ricchi. Un posto al sole per chi guarda dalla distanza, per chi medita, per chi non sbaglia. Allora, Lewis, accetta il verdetto. Senza parafrasare, senza sentenziare. Hamilton non ha bisogno di capri espiatori, di musi lunghi, di capricci da prima donna. Può tornare dalla prossima gara, in tutto il suo splendore.

Hamilton: bisogna saper perdere
Lewis Hamilton, Monaco Gp 2021

Allora ben venga un podio nuovo, senza sfumature di grigio o di nero. Che sia blu, rosso, arancio. Che sia inedito e coraggioso. Perché quei gradini parlano dei presenti, paladini immensi. Ma anche degli assenti. Come colui che è di casa e ha voluto rischiare, perché al meglio non c’è limite. Come la squadra Rossa che ha scelto la ghigliottina, tutto o niente, pur di non fare da comparsa con il suo primo cavaliere.

In tutto questo, le lamentele sono fuori luogo, fuori tempo massimo. Inadatte alla persona che le esterna. Hamilton vale di più. Più di un futile rancore, più di una pole o di una vittoria. Più di una gara che si confonderà tra tante, un domani, nella memoria. Per ora il verdetto è amaro e vale un sorpasso in classifica. Un segno meno che, conoscendo Lewis, lo porterà a essere ancora più implacabile. Nell’attesa di accettarsi umano e fallibile, come ogni campione, come ogni uomo vero.


Foto: MercedesFormula Uno

Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco

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