sabato, Aprile 27, 2024

Il futuro motoristico della Red Bull resta avvolto nel mistero

Sulle colonne di FormulaUnoAnalisiTecnica ne abbiamo dibattuto diverse volte: in F1 è in corso un vero e proprio riassetto geopolitico. La Vecchia Europa, un tempo cuore pulsante della categoria, vede la sua centralità sempre più erosa in favore di mercati più munifici che riescono a soddisfare le richieste infrastrutturali ed economiche di Liberty Media Corporate. I Paesi mediorientali, che foraggiano le attività del Circus con grandi quantità di dollari, sono divenuti in un lampo grandi protagonisti.

Ma c’è un altro polo che sta prendendo piede a gran velocità: quello statunitense. Un processo piuttosto prevedibile dopo che Liberty Media Corporate, nel 2016, ha acquisito il pacchetto azionario della Formula Uno dalle mani di Bernie Ecclestone. La compagnia a stelle e strisce ha piano piano imposto la sua visione strategica operando uno svecchiamento in uno sport tanto veloce da un punto di vista tecnologico quanto refrattario ad affrancarsi dai suoi stilemi costitutivi. Il cammino non è ancora compiuto ma la mano dell’azienda detenuta da John Carl Malone si vede chiaramente.

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John C. Malone, numero uno di Liberty Media Corporate

F1. Un Circus a trazione americana

Nel 2023, difatti, il “carrozzone” sarà di scena ben tre volte sul suolo statunitense. Ai Gran Premi di Miami e Austin si aggiungerà la gara di Las Vegas che, in maniera anticonvenzionale, si correrà di sabato notte. Luci e lustrini nell’appuntamento più glamour – e forse kitsch – dell’intero calendario a 23 gare. Altra istanza ricercata con forza da Liberty. Ma non finisce qua. La presenza di un team americano, la Haas, conferma lo spostamento d’asse che sarà completato con un altro dettaglio: dopo diversi lustri un pilota yankee calcherà le piste della massima serie. Parliamo di Logan Sargeant di Fort Lauderdale, Florida, ingaggiato dalla Williams in luogo del partenente – e deludente – Nicholas Latifi.

Quindi, ricapitolando, abbiamo proprietà, team, pilota e circuiti “born in USA”. Cosa manca per cementare ulteriormente il cambio del fulcro geografico della Formula Uno? Un motorista. E quale azienda più di Ford è sinonimo di Nuovo Continente? Per ora siamo nel campo delle ipotesi, ma il chiacchiericcio esiste e inzia a farsi rumoroso.

Tutto riconduce a Red Bull e al mancato accordo con la Porsche. Quando i documenti era praticamente firmati e diverse società che ratificavano il legame erano state registrate in alcuni Paesi, è arrivato il passo indietro: Milton Keynes ha deciso di non cedere la sua indipendenza al colosso dell’automotive che chiedeva maggiori poteri decisionali. Ecco che Volkswagen è rimasta col cerino in mano ed ha dirottato tutte le forze su Audi che si è sposata con Sauber la quale concederà più margini di manovra di quanti ne avrebbe offerti la franchigia creata da Dietrich Mateschitz.

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La livrea Audi sulla concept car della F1 presentata durante il Gran Premio del Belgio 2022

F1. Red Bull sospesa tra Honda e un possibile futuro yankee

Red Bull si trova con un reparto powetrains in pieno sviluppo ma senza delle reali capacità operative. Vero è che l’arco temporale è abbastanza dilatato, ma il 2026 è dietro l’angolo. La campagna di recruiting operata anche ai danni di Mercedes ha permesso di creare una prima intelaiatura che, probabilmente, non è ancora in grado di imbastire da zero un’unità motrice capace di competere con colossi come la succitata Audi, Mercedes, Renault e Ferrari. Per tal ragione i campioni del mondo in carica non si sono affrancati dai servigi della Honda che continua a produrre a Sakura i V6 che poi vengono assemblati nel sud dell’Inghilterra.

Honda, il cui disimpegno è più di facciata che formale, tanto che il suo logo è riapparso sulle fiancate della RB18 per restarci, potrebbe decidere di estendere la permanenza anche oltre il 2025. Il colosso asiatico vorrebbe proseguire da solo, stimolato dalle possibilità che offrono le nuove architetture motoristiche definite dal Consiglio Mondiale del Motorsport. Una sfida per una realtà che non vuole accontentarsi di vincere facile, nella piena aderenza all’etica del lavoro nipponica. Red Bull, a questo punto, rimarrebbe spiazzata. E visto che gli austriaci non usano farlo, pare si stiano muovendo per capire le intenzioni della Ford.

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Michael Schumacher in azione con la Benetton

Se, come pare, il costruttore giapponese proseguirà da solo o si commiaterà dalla F1 allora Ford, col benestare dei Liberty Media, potrebbe rientrare in uno sport che, in passato, ha profondamente segnato col versatilissimo motore Cosworth DFV che ebbe una vita sbalorditivamente lunga visto che parliamo di tre lustri di gloriosa attività. Ma non solo. Bisogna anche ricordare che il primo titolo di Michael Schumacher, nel 1994, arrivò proprio grazie ad un propulsore dell’azienda del Michigan.

Un piccolo miracolo tecnico in un’era in cui imperversavano i più potenti V10 e V12. Ma la duttilità di quel gioiellino leggero ed elastico nell’erogazione, abbinato ad un telaio straordinario e alle doti di guida del Kaiser, contribuì a scrivere una pagina di storia che i vertici di Deaborn stanno seriamente pensando di rinverdire.

Red Bull, in tal senso, sarebbe un partner strategico perché ha un reparto powetrains in via di sviluppo e non chiederebbe altro che rimpinguarlo di tecnici, maestranze, competenze e risorse finanziarie. Inoltre, considerando l’approccio “soft” della Ford che ha mantenuto spesso una posizione più defilata, si creerebbe quel contesto che si adatterebbe alla brama di Milton Keynes di dirigere a modo suo le operazioni.

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La sede del team Oracle Red Bull Racing a Milton Keynes, Inghilterra

F1. Accordo Ford/Red Bull: gli americani prendono tempo

Per ora siamo nella fase delle chiacchiere che possono procedere l’evento ma che potrebbero altresì fare da corollario ad un matrimonio che resterà una suggestione. Dagli States nessuno si sbilancia. Il direttore globale di Ford Performance, Mark Rushbrook, ha fatto una brevissima allusione alla vicenda in una evento media della NASCAR, serie nella quale il costruttore è molto attivo.

Dovrebbe essere chiaro che siamo qui per parlare di NASCAR. Siamo concentrati su quella classe. È certamente vero che ci sono molte speculazioni su questo – ha riferito il dirigente alludendo all’opzione Formula Uno – ma non è nulla a cui risponderemo sostanzialmente”.

Più che una chiusura sembra un modo per prendere tempo. La certezza è che Red Bull cerca un partner tecnico-commerciale. Honda, che l’hanno prossimo si riprenderà il nome dei propulsori che sono stati ribattezzati RB powertrins durante il 2022, ha ufficialmente deciso di non uscire dal consesso di motoristi che sta contribuendo a riscrivere le regole 2026.

Indizi di una possibile permanenza di lungo periodo. Ma non necessariamente con Milton Keynes visto che si continua a parlare di nuovo team e qualcuno fa il nome di Andretti la cui candidatura in chiave 2024 sembra farsi concreta. Almeno stando alle parole di Michael votate alla crescente fiducia. Grandi manovre sono in corso in quel Circus che tra qualche anno potrebbe cambiare pelle ancora un volta. Con relativi e nuovi equilibri di potere.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, Oracle Red Bull Racing, Benetton

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