giovedì, Aprile 18, 2024

Sei anni di Liberty Media: aumenta lo share, restano i domini tecnici

Sono orgoglioso del business che ho costruito negli ultimi 40 anni e di tutto ciò che ho raggiunto con la F1. Vorrei ringraziare tutti i promotori, i team, gli sponsor e le società televisive con cui ho lavorato“. Con queste parole, il 23 gennaio del 2017, Bernie Ecclestone annunciava di aver venduto per otto miliardi di dollari il suo pacchetto azionario agli americani di Liberty Media Corporate.

Sono molto contento che l’azienda sia stata acquisita da Liberty – proseguiva il comunicato – e che questa intenda investire nel futuro della F1. Sono sicuro che Chase [Carey] svolgerà il suo ruolo in un modo che andrà a beneficio dello sport“. Quest’ultimo replicava così alle parole del manager inglese: “La F1 ha un enorme potenziale con molteplici opportunità non sfruttate. Mi è piaciuto ascoltare i fan, le squadre, la FIA, i promotori e gli sponsor sulle loro idee e speranze per questo sport. Lavoreremo con tutti questi partner per migliorare l’esperienza di gara e aggiungere nuove dimensioni allo sport e non vediamo l’ora di condividere questi piani nel tempo“.

Molta acqua è passata sotto i ponti in sei anni. Tanti i cambiamenti effettuati e molti altri in cantiere. Tra le prime appariscenti modifiche osserviamo l’assenza di Carey il cui posto è ora occupato dall’imolese Stefano Domenicali che di certo ha una formazione nel motorsport molto più solida. Ma sono tante le cose che hanno subito un processo di mutazione genetica in questi anni. Proviamo, quindi, a fare una sorta di tagliando delle operazioni per capire a che punto è la massima categoria del motorsport.

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Bernie Ecclestone, ex patron della F1

F1. I successi di Liberty Media Corporate

Sin dal primo giorno di operatività gli americani hanno voluto dare una forte impronta alla Formula Uno spazzando via la coltre di polvere sotto la quale il vecchio modello si era appiattita. Bernie Ecclestone, pur avendo fatto cose eccellenti, aveva impostato “il giocattolo” su una rigidità mediatica del tutto incompatibile con un mondo sempre più interconnesso e nel quale le notizie viaggiano alla velocità della luce. Sotto l’impulso della nuova proprietà, la F1 è diventata più interattiva ed aperta. Al di là di critiche figlie di un modo di vedere le cose piuttosto vetusto, l’operazione è da accogliere con favore.

La classe regina del motorsport non sembra essere più una torre d’avorio inattaccabile. E ciò è un bene per chi opera nel settore dell’informazione. Ma anche per i tifosi che possono avvalersi di servizi sempre più tecnologici. A partire dalla fruizione delle gare che è diventata più completa grazie alla possibilità di poter accedere a dati ed elementi (come i team radio in real time, ndr) fino a qualche tempo fa omessi alle masse.

Liberty Media ha operato con successo sul calendario. Anche se qualcuno storce il naso, l’apertura a 24 gare (nel 2023 saranno 23 solo per via della recrudescenza della pandemia di Covid in Cina, ndr) rappresenta una vittoria confermata dai trend: il pubblico, sia ai GP che in collegamento da remoto, tende a crescere in maniera dirompente. E questo è un fatto di cui non possiamo non tener conto in un’analisi lucida e che si affranchi da visioni nostalgiche in cui i team spendevano più tempo a testare le vetture a porte chiuse che a correre in pista. Ora le proporzioni sono diametralmente ribaltate, a tutto vantaggio dell’azione. Piaccia o no, ma i fatti ciò raccontano.

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Vetture pronte a partire per la Sprint Race di Imola 2022

Più controverso è il tema della Sprint Race che si lega direttamente alla questione calendario. Dopo due anni di test, il 2023 presenterà un modello più pragmatico con location sicuramente più adatte per una gara veloce in cui non si effettuano pit stop. L’obiettivo di lungo periodo è quello di rendere questo paradigma lo standard della categoria limitando al massimo il numero di ore in pista di lavoro che non diano punti. Quindi che non offrano lotta e azione. I numeri, ancora una volta, dicono che le scelte sono state vincenti.

E con ciò andiamo al più grande successo ottenuto da Liberty Media: aver aumentato e consolidato i fatturati. Con vantaggi anche per i team che si stanno spartendo utili mai visti negli anni precedenti. L’azione del colosso americano è stata tanto efficace da permettere alla Formula Uno di superare in scioltezza il Covid e la susseguente crisi finanziaria.

Sono state approntate misure di salvaguardia e protezione che hanno permesso alle scuderie in difficoltà di ancorarsi a solidi atolli di salvataggio. Dopo due anni di tempesta il Circus è ripartito di slancio più forte che mai. E questo è un successo innegabile che non può essere sottaciuto o considerato di entità irrilevante. Se lo tsunami è passato senza far danni è anche merito di Liberty Media.

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John C. Malone, numero uno di Liberty Media Corporate

F1. Gli insuccessi di Liberty Media Corporate

Ogni medaglia ha il suo rovescio. Ai brillanti conseguimenti sciorinati poc’anzi fanno da contraltare delle mosse rivelatesi inefficaci e altre che potevano – e ancora potrebbero – essere meglio implementate. Vediamo.

La mano di Liberty Media è ben visibile, forse troppo. La categoria ha subito una repentina spettacolarizzazione che fa percepire il contenuto sportivo come qualcosa di artefatto o non spontaneo. Drive to Survive, fortunata serie TV che ha più i caratteri della fiction che del documentario, ne è vetrina concettuale. Lo show è un bene, d’altro canto lo sport altro non è che questo, ma bisogna calibrarlo meglio per non offrire un prodotto il cui esito a volte non è sembrato naturale.

Ma l’aspetto appena toccato è forse il minore dei mali. Ci sono altre cose che hanno deluso le attese e che non possiamo ancora considerare dei totali buchi nell’acqua solo perché potrebbe servire altro tempo per mandarle a pieno regime. Le nuove regole tecniche, scritte dalla FIA ma richieste con forza da Liberty Media, non hanno funzionato. C’è stato un incremento del numero dei sorpassi e le auto hanno dato la sensazione di essere leggermente meno sensibili all’aria sporca, ma di fatto la forbice prestazionale tra la vetta, il midfield e la coda si è aperta in maniera drastica rispetto al 2021.

Ancora, un gruppo dominante è emerso ed ha cannibalizzato la stagione con un numero di vittorie mai raggiunto prima da parte di un solo pilota. Se il target era quello di avvicinare i venti protagonisti, Liberty Media e FIA ci sono andati molto molto lontani. Per la stagione 2023 è prevista una ricalibrazione normativa che potrebbe aiutare, ma gli esiti sono tutti da verificare. Un altro anno con un solo attore protagonista non deporrebbe a favore del castello concettuale eretto dagli statunitensi.

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Mohammed Ben Sulayem (presidente FIA) e Stefano Domenicali (CEO Liberty Media Corporate)

Nel presentare il punto precedente si è alluso al rapporto tra Liberty Media e la Federazione Internazionale che è legislatore, esecutore e giudice della Formula Uno. Ebbene, negli ultimi tempi l’intesa tra i due soggetti volge al brutto. Negli anni di Ecclestone il legame con la FIA era molto più serrato e solido. Oggi sembrano entità scisse e spesso litigiose. Il primo fronte si è aperto – e poi chiuso – sulla Sprint Race con Place de la Concorde a mettersi di traverso sui sei eventi. E’ servita una lunga stagione diplomatica con Liberty Media che ha ceduto aprendo i cordoni della borsa.

La seconda faglia di tensione è ancora attiva e vede i soggetti scontrarsi sull’ingresso di un nuovo team. Gli americani a fare quadrato intorno alle squadre che vogliono preservare il modello a dieci franchigie che garantisce guadagli alto voltaggio; Mohammed Ben Sulayem, di converso, s’è fatto sponsor di Andretti per un allargamento ad undici scuderie (leggi per approfondire).

Visioni divergenti che al momento non trovano una sintesi. Alla fine un accordo si troverà, ma è chiaro che dopo la gestione Jean Todt la FIA sia diventata un ente meno amico della proprietà. Le decisioni arrivano dopo lunghe trattative e nel Consiglio Mondiale i 10 voti per parte non giungono sovente ad una posizione unitaria.

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Un fusto di carburante E10 dellaPetronas – Gp del Belgio 2022. Photo credits: Diego Catalano

Altro elemento malfunzionante è quello che riporta ad uno dei punti cardine dell’agenda di Liberty Media Corporate: la necessità di giungere ad una piena svolta green che è stata molto strombazzata ma che, invero, è lungi dall’essere applicata. Tanti slogan e poca sostanza ad oggi. Bene il cambio di passo sui biocarburanti con la volontà di arrivare a benzine “drop-in” che possano adattarsi ai motori di serie generando emissioni zero, ma resta la contraddizione di una categoria che si basa su un calendario iper frammentato dal punto di vista geografico.

La razionalizzazione logistica delle gare è una chimera, piegata alle necessità degli organizzatori che pagano e che pretendono di avere i gran premi in periodi specifici dell’anno.

Ecco che team, piloti, maestranze e merci corrono impazzite da un punto all’altro del globo. Ed è la logistica la prima voce di inquinamento della F1 che, in tutta evidenza, non riesce a mutare certe dinamiche perché al centro pone profitti e fatturati e non l’ambiente. L’obiettivo di avere una serie “full green” da conseguire entro il 2030 è ancora perseguibile, ma serve un’accelerata drastica e convinta. Che oggi non osserviamo.

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La power unit 2022 che equipaggia la Red Bull RB18

Dal quadro su descritto, quindi, il bilancio dopo sei anni di lavori è in chiaroscuro. Di certo non possiamo negare i passi in avanti su alcune materie, così come non è possibile nascondere un’inattesa frenata su tematiche sensibili come quelle riferibili alle libertà d’espressione con una Formula Uno che ha deciso di imporre protocolli quasi liberticidi ai piloti che vogliono lanciare messaggi politici o sociali.

La classe regina dell’automobilismo, per concludere, è ancora nel pieno di un riassetto che non si fermerà mai come la storia insegna. Di certo bisogna evidenziare che alcuni difetti che oggi si ascrivono alla gestione Liberty Media sono retaggio del management Ecclestone. Allargamento ad altri e meno tradizionali mercati, stiramento del calendario, motorizzazioni turbo-ibride e abbandono dei test in pista in favore di analisi computazionali e simulazioni sono elementi introdotti sotto il governo del dirigente inglese che oggi, in un processo di rimozione di responsabilità, è uno dei più feroci critici delle scelte che egli stesso ha imposto.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, FIA, Liberty Media Corporate

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