mercoledì, Maggio 1, 2024

Analisi: regna il caos sulla definizione delle nuove power unit

La stagione 2022 sarà l’anno zero della F1. Un nuovo contesto tecnico entrerà in vigore dopo lo slittamento di un anno a causa della pandemia di Coronavirus. In diversi articoli abbiamo approfondito le tante novità che di fatto snatureranno le monoposto per come le conosciamo. E proprio in virtù di questa rivoluzione tecnica che si è deciso di tenere qualche costante alla quale le scuderie, in epoca di budget cap, possono e devono appigliarsi. Ecco che i decisori, saggiamente, hanno stabilito di congelare le unità motrici a partire dal primo gennaio 2022 fino al 2025.

Una qualcosa di necessario per consentire agli ingegneri degli altri reparti di lavorare nella puntuale definizione di progetti il cui percorso evolutivo è ancora in via di perfezionamento. Ma la stabilità regolamentare intorno ai sei cilindri turbo-ibridi serve anche a ridefinirne il contesto per adattarlo alle nuove sfide che Liberty Media vuole vincere: introduzione di nuovi motoristi e creazione di unità propulsive che siano quanto più ecosostenibili sul versante delle emissioni. Una questione, quella relativa all’ambiente, che il colosso americano dell’intrattenimento ha messo in cima alle priorità sin dal giorno del suo insediamento.

In Austria, a margine del Gran Premio di F1 stravinto da Max Verstappen, c’è stata una riunione di capitale importanza tra la FIA, Liberty Media, i costruttori presenti in Formula Uno e quelli che vorrebbero capire se vi sono i margini per scendere in campo. Scopo dell’assemblea è stato quello di riscrivere le regole sulle power unit per i prossimi dieci anni dopo il 2025. O 2026 visto che pare che l’orientamento sia quello di far slittare di un ulteriore stagione l’introduzione dell’inedito corpus di regole. Perché potrebbe esserci un ritardo di dodici mesi? Essenzialmente poiché l’argomento è assai spingono e i gli interessi in ballo sono altissimi. In queste condizioni trovare una linea compromissoria è quasi un’impresa.

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I nuovi motori alzano maledettamente l’asticella tecnica. La FIA, che si fa latrice del messaggio ecologista che Liberty Media vuol lanciare, pretende che che i propulsori siano eco-compatibili, non costosi nella ricerca e nelle costruzione, che abbiano tecnologia riversabili sulla produzione. E che siano naturalmente perfettamente integrabili con le monoposto della nuova generazione che calcheranno i circuiti a partire dal 2022. Caratteristiche che comunque dovranno essere conciliabili con la capacità di attirare nuovi motoristi.

È evidente che in questo contesto esistano spinte centrifughe tra chi è già in F1 e chi ci deve ancora entrare. Al momento sembrano essere tre le visioni che si fronteggiano. La prima è quella di Mercedes, Ferrari e Renault. Ossia i motoristi “storici” che hanno raggiunto un ottimo grado di sviluppo delle rispettive power unit con le norme in essere. Ovviamente questi soggetti non vogliono dilapidare il vantaggio acquisito. Sulla sponda opposta troviamo il potenziale gruppo industriale disposto a scendere in campo: Volkswagen. Che potrebbe usare i suoi marchi sportivi. Ossia Audi e Porsche. Il costruttore tedesco teme di replicare la parabola della Honda che ha sofferto per almeno tre anni nel riconcorre gli avversari. E’ vero che si trattava di un altro contesto storico per via dei gettoni di sviluppo che limitavano la creatività e la capacità di reazione, ma il rischio che il ritardo diventi endemico è concreto. VW, quindi, vorrebbe qualcosa di totalmente nuovo rispetto a ciò che opera oggi. I tre suddetti motoristi chiedono invece dei cambiamenti più limitati in un impianto generalmente riconducibile a quello odierno.

Nel mezzo, e giungiamo alla terza visione strategica, troviamo Red Bull Powertrains F1 che continuerà a sfruttare il know-how di Honda ma è altresì disposta ad azzardare. Anche in virtù della massiccia campagna acquisti che sta facendo presso gli altri concorrenti. Secondo qualcuno la volontà di mantenimento dello status quo da parte di Mercedes, Ferrari e Renault verrebbe da una sorta di paura che queste provano nei confronti di Audi-Porsche ritenute in grado di sbaragliare subito la concorrenza in presenza di un assetto regolamentare stravolto.

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2021 Red Bull power trains factory in costruzione

Sul piatto, oltre alle suddette questiono tecnico-politiche, c’è un altro aspetto scottante. Quello relativo ai costi. E non solo dell’investimento globale per entrare in F1, ma anche quello di produzione del materiale da montare nelle monoposto. A chi entra potrebbe essere concesso un tetto di spesa più alto proprio per recuperare l’iniziale gap conoscitivo. Ma è la stessa idea di budget elevato – si parla di una cifra che va tra gli 80 e 120 milioni di dollari per stagione – che potrebbe scoraggiare la realizzazione dell’impianto voluto da Liberty Media.

Ovvero di quel contesto che dovrebbe favorire anche l’ingresso in F1 di realtà che non hanno alle spalle l’industria automobilistica. Un po’ ciò che facevano Illmor e Cosworth. E che dovrebbe fare Red Bull con il suo nascente reparto powertrains. Per ora siamo alle cifre buttate un po’ a casaccio perché fin quando non si sa come saranno costituite le nuove power unit non è possibile quantificare i costi né per la stagione né tanto meno per il singolo propulsore. Bisogna, a brevissimo, stabilire le linee di guida tecniche altrimenti non si uscirà dallo stallo che sostanzialmente è emerso dal brainstorming di Spielberg.

Se scendiamo nell’aspetto prettamente costruttivo incontriamo altre problematiche irrisolte. Le vetture attuali sono pesanti e ingombranti. Di conseguenza montano power unit che hanno un certo peso. Il nuovo corso che partirà tra pochi mesi introdurrà monoposto, che domani saranno svelate nelle linee, essenzialmente più compatte e meno pesanti. I motori dovrebbero adeguarsi alla tendenza all’alleggerimento. Come fare? Qualcuno ha paventato un cambio di architettura, con l’imposizione di motori a 4 cilindri a V. Prospettiva che fa storcere il naso a molti. A partire dai tifosi che non hanno ancora accettato propulsori relativamente silenziosi e poco emozionali.

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Jean Todt, presidente dimissionario della Federazione Internazionale

Ma quello del peso è un fatto importante. Jean Todt, dimissionario presidente della FIA, ha chiaramente sostenuto che l’unico accrescimento di peso contemplabile è quello relativo alla sicurezza attiva della macchina e non quello per l’incremento prestazionale. Una bella gatta da pelare. D’altro canto, Ross Brawn non vuole sentirci quando si allude ad un drastico cambio dell’architettura dei motori: i costi sarebbero troppo elevati anche per chi in F1 già c’è. Si arriverebbe allora all’effetto contrario. Ossia alla fuga degli attuali costruttori.

L’investimento economico e concettuale dei motoristi è mirato, al momento, alla ricerca dei cavalli che saranno perduti per via dei biocarburanti. Dalle prime prove con proto-benzine totalmente green la perdita di potenza è sensibile. In questo scenario non è pensabile rimodulare nella sua totalità una tipologia di motore che comunque ha raggiunto livelli di potenza e di efficienza inimmaginabili nel 2014, ossia quando le power unit turbo-ibride hanno debuttato.

L’eventuale calo prestazionale derivato dalla benzine eco-compatibili potrebbe essere compensato in due modi: mantenendo e migliorando l’MGU-H la cui presenza futura appare in bilico e introducendo un motore elettrico all’asse anteriore tale da trasformare le monoposto in auto a trazione integrale. Una sfida tecnica affascinante che ci fa ritornare al via: i costi di ricerca schizzerebbero alle stelle. E, inoltre, si andrebbe a snaturare l’essenza stessa della F1 che è stata sempre basata sulla trazione su asse singolo.

Ci sarebbero, poi, le solite soluzione compromissorie e un po’ cervellotiche come quella di deliberare una mandata maggiore di carburante per le qualifiche e limitarla per la gara in modo da gestire il materiale. Questo elemento da associare alla possibilità di togliere l’attuale limitazione sull’accumulo di energia elettrica.

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Toto Wolff, Mercedes AMG F1

Viene da sé capire perché Toto Wolff – e non solo – stia spingendo affinché il nuovo corso motoristico slitti dal 2025 al 2026 anticipando l’uso dei bio-carburanti al 2024. Un accordo è lungi dall’essere stato trovato. Ma il tempo stringe perché non stiamo parlando di questioni marginali. E’ in ballo la definizione degli standard tecnici che saranno operativi per ben dieci anni. Nessuno dei protagonisti vuole cedere dalle sue posizioni. Il settennato di dominio tecnico di Mercedes AMG F1 è esplicativo della situazione: se arrivi con un vantaggio conoscitivo importante è maledettamente complesso per chi insegue recuperare terreno. Specie in era di tetti di spesa e di sviluppi contingentati. La partita è molto più serrata di quanto si possa immaginare, lo sconto decisamente più feroce di quanto le espressioni fintamente distese dei protagonisti possano far intendere.

A breve sono previsti altri giri di incontri, ma la sensazione è che ci sarà ancora molto da duellare prima di arrivare alle necessaria sintesi finale. Liberty Media e FIA dovranno prendere il toro per le corna prima o poi. Sono loro, rispettivamente, i padroni del giocattolo e i regolamentatori della disciplina. Ci si aspetta che siano in grado di imporsi ai costruttori se questi continueranno questo estenuante tira e molla che serve a portare acqua al proprio mulino. Il futuro è dietro l’angolo, non c’è altre tempo da perdere.

F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: MercedesRed BullNicolas Carpentiers

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