sabato, Maggio 18, 2024

Red Bull vince col paradigma introdotto dalla Ferrari

F1. La più inaspettata delle doppiette. L’1-2 della Red Bull nel GP di Spagna è arrivato in maniera piuttosto rocambolesca. Diversi gli elementi che l’hanno reso possibile: Charles Leclerc appiedato dai problemi alla power unit, Lewis Hamilton, che aveva ritrovato il passo e lo smalto dei tempi migliori, tagliato fuori dalla manovra piuttosto ottimista di Kevin Magnussen. Il ritmo da vittoria della W13 è quindi servito per il rientro nella zona alta della classifica ma non per ottenere qualcosa di più grande.

Lo stesso Verstappen è stato negativamente condizionato da un problema al DRS che ne ha limitato l’efficacia in alcune, delicate, fasi di gara. L’olandese, inoltre, ha commesso un errore che gli ha fatto perdere terreno da Leclerc determinando una variazione sensibile del piano strategico necessario per affrontare i 66 giri di un torrido gran premio di Montmelò.

Se alla fine l’1-2 è arrivato è anche grazie al lavoro di Sergio Perez, al suo spirito di sacrificio ed alla sua abnegazione aziendale. Il weekend del messicano non si era avviato nella migliori delle maniere. Quinto in qualifica con quattro decimi di distacco dal caposquadra, l’ex Racing Point ha chiuso anche alle spalle del regolarista George Russell. Dopo una partenza incerta, non la prima in stagione, Checo si è scatenato e si è messo in condizione di approfittare delle situazioni favorevoli che la pista gli aveva offerto.

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Max Verstappen e Sergio Perez festeggiano dopo la doppietta nel Gp di Imola 2022

F1. Red Bull: Perez sacrificato per le necessità di Verstappen

Va evidenziato senza ipocrisie: chi meritava di portare a casa il trofeo del vincitore dell’evento spagnolo era Perez a cui è stato chiesto (forse sarebbe più corretto dire imposto) il sacrificio per una più alta ragion di stato. Stavolta il 32enne di Guadalajara non l’ha presa benissimo. Ed è cosa più che logica quando annusi la possibilità di guadagnare il primo trionfo annuale che poteva dischiudere scenari di classifica più succulenti.

I’m happy for the team. But we need to speak later”. Questo il messaggio ecumenico lanciato dalla RB18 n°11 dopo che aveva tagliato il traguardo. Il pilota era evidentemente frustrato; si è sentito scippato di un’onorificenza che sapeva di poter rivendicare. La dura vita del secondo pilota da contratto. Basterebbe domandare ad altri illustri predecessori – che hanno dovuto piegare il capo ingoiando amari bocconi – come ci si sente nel doversi adeguare passivamente osservando il collega più titolato prendersi onori, glorie e titoli sui giornali non proprio meritate.

Dopo i sessantasei infuocati giri della gara catalana non è però accaduto nulla di particolare. Perez ha festeggiato col suo gruppo ed è parso rasserenato dopo attimi di comprensibile delusione. Forse avrà ascoltato quel “Thank you mate” proferito da Verstappen nel momento in cui i due alfieri della Red Bull si sono scambiati le posizioni. Forse ha semplicemente e nuovamente preso atto di quello che è il suo ruolo in seno alla franchigia anglo-austriaca: essere una spalla che può cogliere le sue opportunità solo se la cosa non entra in conflitto con le necessità di classifica del collega.

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Max Verstappen celebra la conquista del titolo con la bandiera olandese

F1. Verstappen è il pivot del modello Red Bull

Che Milton Keynes abbia fondato il suo ritorno al vertice della Formula Uno su un paradigma che mette al centro un solo uomo è un’evidenza che si è palesata da diverse stagioni e che ha suggerito, ai tempi, a Daniel Ricciardo di cambiare area. Un c’è spazio per due galli nel pollaio. E’ Max il leder indiscusso e lo è grazie al suo smisurato talento. Un capitale sul quale Red Bull ha investito economicamente con un contratto lungo e munifico, sul fronte marketing e dal punto di vista tecnico come dimostrano derte dinamiche. Vediamo.

Lo conferma più o meno direttamente il non comunicativamente filtrato Helmut Marko che ha svelato che la sola vettura di Verstappen aveva un DRS alleggerito e modificato rispetto alle specifiche utilizzate fino al Gp di Miami. Anche se la correlazione che i problemi avuti durante le qualifiche e la gara non sono confermate, l’aver agevolato il solo olandese denuncia quale sia il l’archetipo gestionale adottato in Red Bull: Max ottiene gli update, Sergio attende buono il suo turno. Un fattore che acuisce il gap prestazionale tra i due che già esiste in condizioni paritarie. Uno schema chiaro e accettato dalla parti: il campione di Hasselt a lottare per il titolo, il messicano a fagli da spalla. Sempre.

Red Bull non inventa nulla. Questo paradigma è stato alla base dei successi della Ferrari dell’era d’oro caratterizzata dalla triade Schumacher – Brawn – Todt. I compagni del tedesco avevano condizioni contrattuali molti rigide che formalizzavano il loro status di aiutanti. Chiaramente, come accade oggi, la differenza tecnica tra i conducenti era evidente. Jean Todt credette – e la storia gli ha dato credito – che l’iper-protezione del campione deputato avrebbe condotto alla sublimazione delle sue capacità di guida. E così fu. E così è oggi con Max che non deve badare al duello intestino ma può concentrarsi nella sfida al rivale di turno. Si chiami Lewis Hamilton piuttosto che Charles Leclerc.

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Christian Horner ed Helmut Marko , rispettivamente team principal e consulente della scuderia Oracle Red Bull Racing

F1. Red Bull: l’abilità manageriale di Horner e Marko

Non bisogna credere che sia semplice gestire una realtà in cui è necessario continuamente spronare il secondo affinché produca performance efficaci e contestualmente evitare di farlo cadere in “cliff emotivi” generati dalla frustrazione sportiva. In questo delicato equilibrio che tende sovente a mutare le sue basi, è decisivo il ruolo della coppia Horner – Marko.

Il superconsulente austriaco sembra aver addolcito la sua dialettica dalla quale, in passato, sono spesso scaturite stilettate verbali che di certo non avevano giovato ai vari Albon e Gasly. Quest’anno si fa quadrato intorno a Perez che sta rispondendo con una concretezza che non si vedeva dal 2020, l’anno in cui prese per mano la Racing Point portandola alla vittoria del GP di Sakhir.

L’altro grande tessitore è Chris Horner che sta lavorando sulla mente del suo assistito facendogli comprendere l’importanza del suo ruolo. Se la Red Bull è in testa ad entrambe le classifiche è anche merito di Perez che a Imola stava tenendo dietro Leclerc che ha commesso un errore nel tentativo di sopravanzarlo. In Spagna il messicano è stato decisivo nel proteggere e nel regalare la vittoria al compagno di compagine.

D’altro canto parliamo di quel pilota che, l’anno passato, ha costretto Hamilton a perdere quei secondi preziosi che sono pesati come un macigno quando Michael Masi ha commesso gli errori fatali di cui abbiamo ampiamente dibattuto negli ultimi mesi. L’abnegazione di Checo gli ha garantito il rinnovo che potrebbe essere ulteriormente prolungato visto che un tavolo di trattative tra il management del conducente ed i vertici della scuderia di Milton Keynes è in corso.


F1 – Autore: Diego Catalano@diegocat1977

Foto: F1, Oracle Red Bull Racing

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